Invertire il processo dell’ invecchiamento, uno studio apre nuovi scenari

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Nasce, cresce, invecchia, muore. E’ la dura legge della biologia, valida per tutti gli esseri viventi. Dalle tartarughe, che possono raggiungere anche i 150 anni di età, fino ad alcuni piccoli insetti, la cui vita è concentrata in appena due ore. In molti animali, soprattutto nei mammiferi, è possibile osservare nel tempo un processo che è ancora, per certi versi, criptico dal punto di vista scientifico: l’invecchiamento.

L’invecchiamento come fattore di rischio

Il fenomeno dell’invecchiamento, a livello macroscopico, è ben determinabile e descrivibile, mentre dal punto di vista medico e biologico è molto difficile poterne dare una definizione esaustiva, soprattutto perché è coinvolto un numero impressionante di meccanismi molecolari, che portano ad un deterioramento progressivo dell’organismo. L’attenzione verso

I telomeri sono coinvolti nell'invecchiamento della cellula
L’accorciamento dei telomeri (in giallo), ovvero delle estremità dei cromosomi, è uno dei tanti fenomeni associati alla senescenza delle cellule di un organismo.

questo fenomeno, però, non è puramente gnoseologica, ma è giustificata dalla costatazione che l’invecchiamento costituisce un importantissimo fattore di rischio per molte malattie, tra cui se ne annoverano alcune abbastanza gravi, come quelle neurodegenerative, l’amplissima gamma dei tumori ed alcune patologie metaboliche, come il diabete. A differenza di altri fattori di rischio, l’invecchiamento è sempre stato considerato ineluttabile e quindi non modificabile in seguito a variazioni dello stile di vita da parte del paziente; cambiamenti che al massimo possono condurre ad una vecchiaia più serena e sana. Questo processo così precisamente programmato sembra non essere in realtà così inarrestabile, tanto che i ricercatori del Salk Institute for Biological Studies di La Jolla (California) sono riusciti per la prima volta in assoluto a determinare il ringiovanimento di un gruppo di topi anziani, riportando indietro il loro orologio biologico.

Alla base della scoperta: la riprogrammazione genica

I ricercatori, sfruttando le conoscenze pregresse accumulatesi soprattutto nell’ultimo decennio, hanno provato ad utilizzare un pool di geni, conosciuto come cocktail di Yamanaka –dal nome dello scienziato che per primo lo ha ideato- in un modo innovativo. Il famosissimo studio di Yamanaka, che gli valse il Premio Nobel per la Medicina nel 2012, si basa sull’induzione dell’espressione in alcune cellule in coltura dei geni Oct3/4, Sox2, Klf4 e c-Myc. Questi geni hanno, difatti, il potere di riportare delle cellule differenziate in modo terminale -come quelle del tessuto connettivo della pelle- ad uno stadio di staminalità pluripotente, ovvero a quello stadio in cui la cellula può replicarsi molte volte e può differenziarsi in cellule adulte di molti tessuti diversi. Sulla scorta dell’esperimento di Yamanaka sono stati messi a punto molti altri studi in cui questa riprogrammazione genica veniva sfruttata soprattutto per provare a rigenerare dei tessuti, dato che una applicazione del genere potrebbe essere di grandissimo aiuto in medicina. Tuttavia, questa nuova frontiera della ricerca non ha mai avuto lo sviluppo rapido che in tanti si aspettavano, a causa dei molteplici effetti collaterali del processo di riprogrammazione genica, come la formazione di tumori nelle cavie da laboratorio in cui si è provato ad impiantare tali innesti di tessuto autorigenerante.

Ringiovanire un organismo vecchio è possibile

I ricercatori di La Jolla hanno bypassato questo ostacolo, riuscendo ad arrivare ad uno stadio in cui la cellula non è né differenziata in modo terminale, né del tutto ringiovanita. Per fare ciò hanno usato il cocktail di geni OSKM (Oct4, Sox2, Klf4, c-Myc) in modo intermittente, così da impedire una loro eccessiva espressione, eliminando il problema della cancerogenesi. L’OSKM è stato utilizzato sia in colture di cellule umane e murine, che in vivo, in topi vecchi o affetti da progeria, una malattia presente anche nell’uomo, pur se rara, che porta ad un

La progeria viene guarita dall'OSKM
Grazie al cocktail di geni OSKM un topo affetto da progeria può guarire, non mostrando più i sintomi della malattia.

invecchiamento molto precoce dei tessuti. Utilizzando tale metodo, in modo sorprendente, la cellula o il topo hanno invertito il proprio processo di invecchiamento, ritornando ad uno stadio proprio di un organismo giovane. In particolar modo è stato notato che nelle cellule diminuivano sensibilmente i danni al DNA, insieme alla produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), altamente dannose per la cellula, mentre aumentava l’azione dei prodotti del gene p51, ad azione antitumorale, così come quella di altre proteine cellulari tipiche di un organismo giovane. A livello macroscopico le cavie mostravano una pelle più liscia, dei movimenti più rapidi ed una postura ben diversa da quella sempre più curva, tipica dell’invecchiamento, sia dei ratti che degli uomini. Tutti questi cambiamenti, oltre a portare ad un ringiovanimento dei topi, hanno anche aumentato sensibilmente la durata della loro vita, fino al 30%. Ottimi risultati si sono avuti anche in topi anziani in cui venivano danneggiate le cellule β del pancreas, responsabili della produzione di insulina, e le cellule muscolari, che negli organismi più vecchi si rigenerano molto difficilmente a causa del numero esiguo di cellule satellite, le quali costituiscono una sorta di pool cellulare di riserva. Quando venivano inflitti tali danni e veniva poi determinata l’espressione dei geni OSKM, i topi, pur essendo molto vecchi, riuscivano a riacquistare la funzione pancreatica e la funzione motoria, come accadrebbe in un esemplare giovane.

Topo vecchio confrontato con topo ringiovanito
A destra un topo vecchio, con il classico dorso ricurvo. A sinistra un topo della stessa età (16 settimane) trattato con il cocktail di geni mostra un aspetto decisamente più giovane.

Una lunga strada da percorrere

La logica conclusione derivata dall’analisi di tali strabilianti risultati è che l’invecchiamento non è, come si pensava erroneamente, un processo a senso unico, inevitabile, ma si presta ad un’inversione di rotta graduale. Proprio questa gradualità è la chiave di volta per future applicazione mediche, poiché permette ai ricercatori di riavvolgere il nastro della vita di una cellula e di un organismo fino al punto desiderato, senza dover ripartire dalle cellule staminali pluripotenti che, come detto, presentano un gran numero di problematiche applicative, difficilmente superabili nel breve periodo. Per di più, questo nuovo studio proietta la biologia molecolare verso un nuovo orizzonte, che si espande dalla rigenerazione tissutale, già in fase di esplorazione negli ultimi anni, alla prevenzione delle malattie causate in modo preponderante dall’invecchiamento. Questi scenari affascinanti, però, affinché trovino una concreta applicazione all’uomo, necessitano ancora di tanti anni di studi in laboratorio, perché l’essere umano, pur essendo per certi versi biologicamente simile ad una cavia, è un organismo di una complessità enormemente superiore. Inoltre bisogna considerare che devono essere ancora compresi molti dei meccanismi molecolari presenti alla base di un tale ringiovanimento delle cellule e dei tessuti. Tuttavia è certo che si è aperta una nuova intrigante prospettiva, che potrebbe rendere in futuro l’invecchiamento un processo modulabile e non del tutto immodificabile.