Intervista allo chef Alfonso Iaccarino del Don Alfonso 1890 di Sant’Agata sui due Golfi

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lo chef Alfonso Iaccarino con il figlio Ernesto

La pasta mette buon umore: parola di Alfonso Iaccarino, chef pluristellato e ambasciatore ufficiale  della pasta di Gragnano e della dieta mediterranea nel mondo. Non solo la pasta rende allegri tavola e spirito; ma fa bene anche al futuro dell’umanità. Si perché il famoso chef di Sant’Agata sui due Golfi è convinto che mangiare meno carne e sostituirla con le proteine che abbondano nei legumi, sia la ricetta migliore per salvare il pianeta da inquinamento e malattie. Se poi aggiungiamo che la nostra tradizione gastronomica popolare sposa felicemente i legumi con la pasta, non possiamo che dare ragione allo chef Iaccarino che dall’alto dei suoi settant’un anni distribuire perle di saggezza che abbina con perfezione alla professione di cuoco ed al suo essere galantuomo. Alla domanda di come vede il cibo del futuro e che ne pensa dell’utilizzo degli insetti in cucina ha la risposta pronta. “Premesso che io mangerei di tutto- spiega lo chef-  e che nei paesi del sud est asiatico vi è una lunga tradizione in proposito, penso però che in futuro il cibo possa continuare ad essere quello che conosciamo a patto che torniamo ad una agricoltura sana, che si incrementi l’uso del biologico e soprattutto che i governi attuino una seria politica di aiuto alle piccole imprese contadine favorendo la biodiversità, la coltivazione dei campi abbandonati e aiutando i giovani che hanno riscoperto l’importanza di questo lavoro”. Per Iaccarino è naturale parlare di agricoltura sana, la sua azienda di otto ettari che da Punta Campanella affaccia sull’incanto di Capri è completamente bio ed il suo ristorante, il Don Alfonso 1890, ha raggiunto oltre il 90% della raccolta dei rifiuti differenziati e nei prossimi giorni riceverà un premio dal comune di Massa Lubrense. Il ristorante famoso in tutto il mondo è ormai da tempo nelle saldi mani dei figli. Ernesto, dopo la laurea,  si guadagnato i galloni di primo chef ed è il presidente europeo di JRE associazione di prestigio dei giovani ristoratori del vecchio continente. Mentre Mario tra cantina e sala è il primo maitre ed è addetto all’accoglienza degli ospiti che arrivano da ogni angolo del pianeta. E’ così che Iaccarino ed il suo alter ego, la moglie Livia, hanno più tempo per diffondere il verbo della dieta e della cucina mediterranea e raggiungere anche i confini del mondo per far conoscere i sapori inconfondibili dei pomodori e della pasta. Infatti in Nuova Zelanda si è aperto un Relais con un ristorante curato da Alfonso Iaccarino. Ma anche se è spesso lontano dalla sua terra, questa rimane sempre il suo primo pensiero e si rammarica per le note vicende della terra dei fuochi che hanno gettato un ombra sulle meraviglie che l’agricoltura campana offre. “Mi spiace- chiarisce Iaccarino- che la Campania per colpa di qualche delinquente sia definita la terra dei fuochi, perché questo rischia di offuscare l’immenso e unico patrimonio gastronomico della nostra regione. Però ci tengo a sottolineare che i rifiuti arrivavano dalle industrie del nord che a distanza di oltre in secolo e mezzo dall’unità d’Italia ci continua a considerare una colonia da sfruttare.”  Ci sono anche cose lo inorgogliscono come il riconoscimento da parte dell’Unesco dell’arte del pizzaiolo partenopeo come patrimonio dell’umanità. “Io amo la pizza- racconta lo chef- è un piatto sano, popolare, economico e che sfama. Basta usare gli ingredienti giusti. Grandi farine, grandi pomodori e grande olio fanno una pizza eccezionale. Nel Don Alfonso c’è il forno a legna per le pizze e la propongo nel ristorante di Macao, in Cina. Ed è ovvio che i locali che nella nostre zone turistiche la propongono preconfezionata affossano un nostro marchio di successo. Sono scelte imprenditoriali scellerate.” Un ultima riflessione e pensiero va allo chef Gualtiero Marchesi morto recentemente. “Marchesi è stato un uomo ed uno chef di alto profilo- conclude Iaccarino- Ha dato molto all’evoluzione ed alla crescita della cucina italiana. Ricordo di lui la grande cultura e l’importanza che ad essa dava. Diceva che prima bisogna studiare e laurearsi e poi entrare in cucina”.