Alla Primavera di Sorrento amarcord di sapori con i gelsi bianchi

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Antonio Cafiero con un cono di gelato alle more rosse di Positano

Mangiare un gelso, soprattutto bianco, non è un semplice gesto legato al cibo ed al gusto. Mangiare un gelso è un atto da amarcord, è pura nostalgia del passato. Un passato bucolico e lontano che racconta di un’agricoltura sana e pulita. Un passato dove anche un semplice albero faceva da sfondo a storie entrate nella leggenda e nel mito. Basti ricordare  il gelso citato da Ovidio nel  dramma amoroso di Piramo e Tisbe e ripreso da Dante in un canto del Purgatorio. Oggi il gelso non solo non fa più da cornice a poemi letterari; ma addirittura è sconosciuto ai più. Il suo sapore si è perso nel groviglio di una modernità veloce e vorace che lo ha reso invisibile. Un frutto dimenticato e destinato a scomparire. Anche perché se un tempo era presente in tutte le campagne d’Italia, dalla pianura padana alla Sicilia, tanto da essere raffigurato nei mosaici pompeiani sia nella “Casa del Toro” che in uno proveniente dalla “Casa del Fauno”, ai nostri giorni è veramente difficile vederne uno. Eppure il sapore del suo frutto è fresco e dolce ed è intonato con le calde giornate del mese di giugno, periodo in cui matura. Ed è proprio in queste settimane che si può avere la fortuna di trovare dal fruttivendolo di fiducia i gelsi bianchi che arrivano da qualche coltivazione artigianale e assaporare così un pezzo del nostro passato o per i più vecchi, della nostra infanzia, quando i contadini di buon mattino, con i panieri sotto al braccio,  giravano per i paesi e città a vendere “le ceveze” bianche o nere del Vesuvio. Si perché le qualità di questo delicatissimo quanto gustoso frutto sono due: il gelso bianco (Morus Alba) e il gelso rosso o nero (Morus Nigra). Entrambi  producono un frutto aggregato, formato da un insieme di fiori e frutticelli. Quello bianco è un albero di mezza o grande statura, maestoso, il fusto ha corteccia bianca appena rugosa ed il legno interno di color giallo rossastro; le foglie sono lisce, lucide a forma ovato-cordate. Mentre  il nero che ha comunque un aspetto suntuoso è meno espanso in senso orizzontale; matura tra fine giugno e luglio, nel versante sudovest del Vesuvio. Infine la bacca rossa è più grande del gelso bianco e passa da un colore verde, quando è acerbo, ad un colore rosso vivo, a inizio maturazione, ad un colore bruno scuro quando matura. Si raccoglie a mano recidendo con l’unghia del pollice il peduncolo evitando di esercitare alcuna pressione sul frutto perché si schiaccia e allora sgronda il succo. Dal punto di vista nutrizionale questi frutti sono poco calorici, limitatamente zuccherini e sono una discreta fonte di vitamina C, calcio e fosforo. Negli ultimi anni si sta tendando una rivalutazione di questo antichissimo frutto, confetture e distillati ne sono una conferma. Ma il bello arriva dalle pasticcerie e dalle gelaterie come  conferma Antonio Cafiero famoso pasticcere della Primavera di Sorrento. Cafiero nel suo banco gelati, dove sono in bella mostra decine e decine di gusti, tra classici e originali ispirati al territorio sorrentino, propone anche quello con i gelsi