Gli scavi di Pompei regalano un raffinato street food di duemila anni fa

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Due anatre appese per i piedi, un gallo che pare dipinto in 3d, un cane al guinzaglio con sopra graffito un insulto omofobo. Torna alla luce a Pompei l’ambiente quasi integro di un Thermopolium, bottega alimentare a cui si aggiungeva un raffinato street food, con piatti di ogni tipo, dalle lumache ad una sorta di “paella”. Una scoperta, anticipa all’ANSA il direttore Osanna, che “restituisce un’incredibile fotografia del giorno dell’eruzione”, e apre a nuovi studi su vita, usi e alimentazione dei pompeiani, “Sarà un dono di Pasqua per i visitatori”, annuncia anticipando l’intenzione di aprirlo al più presto alle visite. Mentre il ministro della cultura Dario Franceschini applaude: “un lavoro di squadra che è anche un esempio virtuoso per la ripresa del Paese”. Lo scavo si trova nella Regio V, all’angolo tra il vicolo dei Balconi e la via della Casa delle Nozze d’Argento, dove sono stati fatti gli ultimi lavori di consolidamento. In quella occasione era stata individuata la presenza del Termopolio ed era stata riportata alla luce una prima parte del bancone con uno splendido dipinto a tema mitologico (Una nereide che cavalca un ippocampo e porta con sé una cetra) oltre al balcone che ornava il piano superiore. I lavori delle ultime settimane hanno fatto riemergere l’intero ambiente riccamente decorato e i vasi con i resti dei piatti che i pompeiani usavano consumare per strada. A Pompei locali come questi erano diffusi, nessuno però così conservato. E soprattutto, spiega Osanna, gli scavi del passato non sono riusciti a recuperare tutti gli elementi sul cibo emersi in questo progetto, al quale ha lavorato un team multidisciplinare di esperti. Nel locale sono stati trovati anche i resti di due uomini e di un cagnolino. Una delle vittime, un uomo intorno ai 50 anni, era disteso su un letto nel retro del locale e potrebbe essere morto schiacciato dal crollo del solaio. Le ossa dell’altro, forse un fuggiasco entrato alla ricerca di cibo, erano invece in un grande vaso, probabilmente infilate lì da scavatori del XVII secolo.