In Fondazione Banco Napoli “The catalogue of huts”, la mostra scritta con la luce di Monica Biancardi 

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Un progetto artistico e di denuncia sociale sulla violenza domestica, che invita ad andare oltre la superficie

La tecnica è quella della scrittura con la luce incisa su lastre di plexiglass o di vetro (al negativo per restituire il positivo), che se illuminate, svelano altro. Il messaggio: “Andare oltre la superficie”. Martedì 16 settembre alle 18, in Fondazione Banco Napoli (Via dei Tribunali, 213) inaugura la mostra di Monica Biancardi “The catalogue of huts” (Il catalogo delle capanne), fotografie, disegni e oggetti che parlano di violenza domestica e sofferenze nascoste. Un importante progetto artistico e di denuncia sociale cominciato durante il lockdown e che continua tutt’oggi. La mostra è allestita fino al 15 ottobre.
Una mappatura del mondo politico su carta lucida, per renderlo più corrispondente alla verità, di una tremenda cronaca, che l’artista appunta con pennarello rosso e matita, facendo corrispondere alcune date ai nomi di quegli Stati in cui maggiormente sono stati denunciati casi di violenza nell’anno pandemico 2020. All’epoca Monica, come tutti gli artisti, si mette a lavorare e non fa altro che raccogliere dati. Grazie al suo lavoro di docente scopre che sono tante le richieste degli studenti, che vogliono parlare dopo le lezioni. Da lì, si apre un mondo: in ogni casa, o meglio “capanna” come viene definita, non tutti sono al sicuro, si consumano le peggiori cose, orrori ed errori. «Occorre fare luce – spiega Biancardi – il mio è un un invito a non fermarsi alla superficie, ma ad andare oltre, imparando a leggere e a riflettere sopra e dentro le ombre. “The catalogue of huts” è una ricerca della fotografia ai suoi albori, ma anche un affilato grido di contestazione, un colpo sferzato che smuove la coscienza, un invito ad andare oltre, in una profonda riflessione che non vuole e non deve essere esclusivamente al femminile».
La mostra rappresenta una prosecuzione nella ricerca artistica di Monica, dettata dalla fotografia alle lastre di plexiglass, su cui ha inciso oggetti d’uso quotidiano rappresentati come armi a doppio taglio che attentano la sfera femminile. Ogni pezzo in mostra è unico, ha una sua storia, e nasce dalla fusione tra foto e incisione.
«Il segno inciso su plexiglass, la carta e la fotografia – spiega la storica dell’arte Olga Scotto di Vettimo – concorrono a conferire all’opera, assieme alle cornici in ferro battuto e al vetro museale, una nuova complessità. Biancardi si serve, dunque, del disegno come studio preliminare, per poi produrre scrittura di luce, fatta di immagini e di ombre, adoperando un lessico tanto antico quanto complesso per attribuire alla fotografia, ancora e in questo presente, nuove possibilità ed epifaniche poetiche».
Ombre e segni di luce su plexiglass vengono utilizzate da Biancardi anche per ragionare, attraverso i cinque sensi, sui pericoli generati dagli apparentemente innocui prodotti d’uso quotidiano legati ai cliché del mondo femminile: Tatto e l’ingannevole frivolezza del ventaglio piumato; Vista e il flaconcino di collirio contenente colla; Olfatto e il nebulizzatore per il profumo; Gusto e il set ‘cucilabbra’; Udito e gli orecchini che fungono anche da tappi. Non sfugge a questa logica neppure la collana/cappio. Niente è come appare. Occorre fare luce. Tra i numerosi casi di violenza sulle donne che la storia dell’arte tramanda, Monica Biancardi sceglie di fissarne tre, catturando i volti della pittrice Artemisia Gentileschi, stuprata nel 1611 da Agostino Tassi; di Costanza Bonarelli, amante e modella di Gian Lorenzo Bernini, il quale, per gelosia le fece sfregiare il volto con un rasoio nel 1638; e della poetessa Faustina Maratti, vittima di un tentativo di rapimento per mano del giovane Giangiorgio Sforza Cesarini nel 1703.
Biancardi, artista napoletana, classe 1972, si laurea in scenografia con una tesi sperimentale sulla fotografia di teatro. Inizia a lavorare per importanti registi (svolgendo parallelamente l’attività di docente), realizzando al tempo stesso personali ricerche poi sfociate in mostre, fino alla scrittura con la luce. Quest’anno il suo progetto “Il capitale che cresce” è tra i vincitori del PAC – Piano per l’Arte Contemporanea 2025, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. II MAN acquisisce un nucleo straordinario di undici fotografie in bianco e nero, realizzate tra il 2009 e il 2023, che documentano con rigore e delicatezza la crescita delle gemelle beduine Sara e Sarah, incontrate dall’artista durante un viaggio in Palestina.