I colori della storia nel Parco di Pausilypon.

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La seconda passeggiata nella nostra regione ci vede diretti verso il mare, dimensione importantissima della Campania, crocevia antichissimo vissuto o desiderato fin dall’antichità. Tramite il mare ogni cosa è confluito sulle nostre coste, arricchendone la cultura  o complicandone la vita. Molto arrivava dal mare e andava al mare: le ricchezze, il commercio, le disgrazie, le conquiste. Le altre civiltà e culture, quelle susseguitesi nei secoli in Campania e che sono presupposto e condizione della nostra civiltà e cultura, sono arrivate dal mare.

Oggi visiteremo virtualmente il Parco Archeologico e Naturalistico di Pausilypon, situato in un’area di enorme valenza ambientale e paesaggistica, dove si possono visitare resti stupendi di Ville d’ozio, incastonate nell’Area Marina protetta del Parco Sommerso della Gaiola, istituita quest’ultima, nel 2002 ma attiva solo dal 2009.

Ci troviamo sulla costa che va dal borgo di  Marechiaro alla Baia di Trentaremi e comprende un banco roccioso detto “La Cavallara”. È un Parco, questo, davvero straordinario, che fonde in un tutto inestricabile: vulcanologia, biologia marina, storia e archeologia, creando un luogo incantato, dove falesie tufacee, continuamente erose e modellate dal mare, sono sollevate e abbassate da imponenti fenomeni naturali. Dal punto di vista geologico, infatti,  esso appartiene al sistema vulcanico dei Campi Flegrei, precisamente alla caldera dell’eruzione del Tufo Giallo Napoletano, avvenuta 15 mila anni fa, ed è una zona soggetta ad attività  non solo bradisismica, ma anche caratterizzata da fumarole subacquee ed emissioni gassose.

La costa ospita in superficie una vegetazione di tipo mediterraneo, che unisce un sottobosco formato da rosmarino, cisto, salvia, acanto, ginestra e mirto a ranuncoli, ciclamini, corbezzoli, essenze odorose di ogni tipo e colore. I fondali accolgono una variegata comunità marina, dove rocce e alghe fanno da sfondo alla vita di grassi saraghi e tenaci polpi, svolazzanti  banchi di guarracini e solitarie murene. E sono le fratture del banco roccioso della Cavallara a creare ambienti ricchi di vita, dove spugne di mare si alternano a pareti di margherite di mare, a gorgonie arborescenti e a concrezioni di alga rossa calcarea.

Potremmo davvero dire che questi luoghi furono cari agli dei: la bellezza del paesaggio e la varietà di vegetazione, dagli incantevoli e cangianti colori e dagli inebrianti profumi, portò fin dall’antichità gli esseri umani su questa costa.

Non a caso i greci denominarono “Pausilypon” la collina, ovvero luogo dove l’incanto mette fine ai dolori. Nel I secolo a. C. troviamo l’aristocrazia romana, assetata di luoghi d’ozio e di bellezze, stabilita in questo luogo dove  lo splendore della luce e la grazia del paesaggio non hanno eguali.

Qui tutto appare scolpito con una magnificenza che nessuna mano umana riuscirebbe a realizzare, a cui la natura complessa, articolata e mediterranea del posto ha dato forma,  mentre l’armonia  dei colori cangianti del mare si unisce all’incanto dell’orizzonte sconfinato.

Qui l’intervento umano è riuscito a collocare, all’interno di uno scenario mozzafiato,  una Villa d’ozio di epoca romana che si estende per ben 9 ettari,  quella di Publio Vedio Pollione. Era costui un cavaliere romano, figlio di un liberto, amico di Augusto, noto per la dissolutezza, il lusso e la proverbiale cattiveria: le cronache riportano che dava in pasto alle murene, di cui possedeva un allevamento, gli schiavi riottosi, riluttanti a compiere la sua volontà.

I resti della Villa rivaleggiano per grandezza e magnificenza non solo con lo splendore del paesaggio stesso, ma con i resti di altre ville (come la Casa degli Spiriti, verso Marechiaro, che sembra emergere dal mare stesso), di ninfei, approdi e peschiere.

Si accede alla Villa di Pollione dopo aver attraversato un’imponente grotta artificiale, che taglia  per quasi 800 metri la collina tufacea di Posillipo,  scavata allo scopo di congiungere Bagnoli e i Campi Flegrei con il vallone della Gaiola. La grotta, che prende il nome di Lucio Elio  Seiano, ministro dell’imperatore Tiberio,  fu realizzata dall’architetto Lucio Cocceio. Abbandonata per secoli, fu poi riscoperta e fatta ripristinare dai Borbone.

L’area archeologica ospita il complesso di Pausilypon, con i resti di un Teatro maggiore, costruito alla maniera greca, sfruttando il naturale pendio, con 20 ordini di posti distribuiti fra ima e media cavea, per una capienza di oltre 2000 spettatori. Niente male, per essere un’area privata!

Sull’opposto versante vi sono i resti dell’Odeion, teatro coperto posizionato con la sua piccola cavea di fronte al Teatro grande e da questo diviso da un giardino porticato. L’Odeion è affiancato da alcune sale con pavimenti a mosaico e resti di rivestimenti parietali dipinti. Inoltre  si possono ammirare i resti di un Tempio e, nella zona occidentale, quelli di un Ninfeo, con tracce di un impianto termale.

Dell’imponente villa restano alcuni ambienti, una volta riccamente decorati, di cui oggi rimane qualche pittura murale. Gli ambienti di rappresentanza della villa si affacciavano sul mare, da cui è possibile ammirare la Penisola Sorrentina, il Vesuvio e Capri. Il luogo era così incantevole che alla morte di Pollione divenne residenza imperiale, dapprima di Augusto e poi dei successori, fino a Traiano.

E ancora oggi Pausilypon resta il posto dove la bellezza riesce a lenire ogni dolore, dove, in un giorno freddo ma terso di febbraio, si comprende come mai in alcuni posti il passato riesce a trascolorare nel presente, senza nessuna interruzione spazio-temporale.