“Animali notturni”: il problema della diversità al Teatrofestival

Pubblicità

“La volpe sa molte cose, il riccio solo una ma importante” (Archiloco, poeta lirico greco), è la frase chiave di un testo che rimane impresso per questa icasticità. Lo spettacolo è iniziato al Sannazzaro alle 23, chissà che l’orario non faccia parte dell’intenzione del dramma di Juan Mayorga, drammaturgo spagnolo. Tutto parte dalla relazione di servaggio che l’Uomo basso  impone con insinuante gentilezza all’Uomo alto, traduttore sottoccupato senza permesso di soggiorno, sotto minaccia di denuncia (:-“Non la costringerò a mai nulla di umiliante, voglio solo assicurarmi la sua disponibilità verso la mia compagnia”). Come ha fatto a scoprirlo? L’ha messo in sospetto proprio l’identità dell’Uomo alto di lavoratore notturno, essere dunque insolito, disomogeneo, che come la notte ha sempre qualche segreto, che non vive alla luce del sole e conduce una vita con il ciclo naturale al contrario, in cui un marito non fa più il suo mestiere di amante e la moglie, la Donna alta, sogna i corteggiamenti di uomini misteriosi per insoddisfazione.  Ma l’Uomo basso approfitta di una debolezza che mette in risalto ancora di più la propria condizione di cittadino medio e mediocre, frustrato dall’ ignoranza e affascinato dal mondo delle lettere, con una moglie, la Donna bassa, casalinga teledipendente e insonne, docile e scema nella relazione.

Il momento clou dello spettacolo è il discorso esopico dell’Uomo basso sugli animali notturni dello zoo paragonati alle caratteristiche degli uomini: animali in trappola, destinati a vivere in un habitat a essi non conforme, ad essere sospettosi l’uno dell’altro, ad avere una visione disincantata l’uno dell’altro, come le vite isolate dei personaggi della storia: due coppie che vivono nello stesso condominio e prima del ricatto d’inizio dramma quasi non s’incrociano, ma stanno come ombre a salutarsi, un saluto che nasconde una totale indifferenza rispetto all’altro. Infatti non hanno nome che li identifichi nell’anonimato delle loro esistenze e dei loro sentimenti. Ma è anche lo stato dell’uomo contemporaneo: la notte è una condizione generale perché noi, che alla luce del giorno potremmo testimoniare verità nella cura dell’altro, ci comportiamo come se avessimo sempre qualcosa da nascondere, un punto debole da trovare in chi ci sta di fronte. E’ a questo che si riferisce la frase cardine dell’opera: riecheggiano le parole di Nietzsche di “Umano troppo Umano” perché l’ingenuità, l’innocenza e lo spaccio della virtù (il riccio, l’animale all’apparenza più innocuo se non toccato ma che si protegge meglio degli altri con le spine), in una società asfittica e senza spontaneità, si trasformano in  potenziali o attuali vie per meglio soggiogare. Proprio come la Donna bassa, un’insonne che si sveglia da uno stato narcolettico capendo di avere anche lei bisogno di  “affetto” e sceglie di sottomettere la Donna alta.

La messinscena di Cerciello rispecchiava tutto il carattere metaforico del testo: le luci riproducevano gli ambienti in cui le due coppie si spostavano e tutto rendeva la sensazione di claustrofobicità della relazione tra carnefice e vittima:-“ La vita di questi personaggi- scrive Cerciello nelle note di regìa- implode su sé stessa: l’esterno e l’interno sono asfittici e negano qualsiasi simbolica apertura, una lampadina difettosa, la luce del televisore sempre acceso, il lampeggiare ossessivo delle luci nel reparto ospedaliero, tracciano la mappa dei piccoli corto circuiti esistenziali delle due coppie.”

Per ulteriori informazioni riguardo al significato dell’aforisma del riccio e della volpe: http://www.uniba.it/ricerca/centri-interuniversitari/studi-sulla-tradizione/centro/rassegna-stampa/gazzetta-mezz.-29-marzo-2014

Per ulteriori informazioni sul Teatrofestival di Napoli: https://www.napoliteatrofestival.it/edizione-2016/