“I Vini di Indovino”: Il sommelier recensisce il bianco Irpino di Lapio

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Fiano di Avellino DOCG, Tognano, Rocca del Principe, 2014
Ci troviamo in Contrada Arianiello a Lapio, un piccolo borgo sulle colline della verde Irpinia.
Un luogo dalla doppia anima dove si produce anche Taurasi, ma comunque il comune più vitato a Fiano di Avellino e considerato da sempre un Cru d’elezione.
L’Azienda Vitivinicola Rocca del Principe nasce qui nel 2004, per volontà di Ercole Zarrella, sua moglie Aurelia Fabrizio ed il fratello Antonio. Figli di contadini e viticoltori da sempre, dopo lunghi anni trascorsi a conferire le uve a terzi, decidono di mettersi in gioco iniziando a vinificare ed imbottigliare le proprie uve: una scelta coraggiosa sulla scia di quanto fatto in precedenza da Clelia Romano, insieme alla quale, oggi, vengono riconosciuti come le 2 realtà più rappresentative di questo areale. Ercole Zarrella, supportato in cantina da Carmine Valentino,  si prende cura di 10 ettari di vigne (impiantate tra il 1990 ed il 2011), 5 dei quali coltivati a fiano (la restante parte ad aglianico), collocate lungo le pendici del colle Arianiello, ad un altitudine compresa tra i 500 ed i 600m slm.
La diversa esposizione lungo i due versanti, ed il suolo dalla matrice sì argillosa, ma con riporti di natura vulcanica (in prevalenza limo, sabbie, arenarie e pomici) sempre più consistenti man mano che si sale lungo il versante nord-est nelle vigne più in alto, ci fanno intuire il grande lavoro nel diversificare sia la conduzione che le diverse epoche di vendemmia dei vari appezzamenti.
In ogni caso tutte le operazioni che avvengono in vigna sono orientate ad ottenere basse rese, alti livelli qualitativi e comunque rispetto dell’ambiente: raccolta svolta rigorosamente a mano, potature verdi e diradamento nelle annate più generose, unitamente a diserbamenti esclusivamente meccanici, concimazioni organiche ad anni alterni e lotta integrata per i trattamenti fitosanitari.
Quest’oggi è toccata al Tognano, un Cru in tiratura limitata di 2000 bottiglie, dalla vigna più vecchia dell’età di 30 anni nella contrada omonima: ottenuto dalla selezione di uve da piante innestate con un clone centenario. Alla pigio-diraspatura sono seguite 12 ore di macerazione pellicolare, 10 mesi in acciaio sulle fecce fini, di cui 7 con bâtonnages continui, poi 14 mesi di bottiglia prima della commercializzazione. Calice alla mano mi trovo di fronte ad un vino luminoso, ricco d’estratto e con una tonalità paglierina tendente all’oro.
Al naso il primo impatto è di buccia di limone quasi candita, mentuccia, poi infuso alla pesca, mela renetta, mimosa e lievi toni fumè e di millefiori di fondo. In bocca è largo, caldo ma comunque sorretto da una buona freschezza e sapidità. Lunga la chiusura di bocca, che insiste soprattutto sul timbro affumicato e di infuso.
Un vino elegante, di stoffa, dalla grande personalità e di grande prospettiva, che saprà regalare ulteriori emozioni con il giusto affinamento in bottiglia.
Personalmente ritengo che, in un calice di media ampiezza e servito intorno ai 10°C,  possa essere il compagno ideale di un trancio di Spada alla griglia con salsa al salmoriglio e zucchine alla scapece.

Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Degustatore Ufficiale e Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina