Baccalà: il pesce più amato dalla cucina popolare

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Un bel tegame di stocco o baccalà con patate “arrecanate” è uno dei migliori modi per salutare questo lungo periodo che ha visto gli italiani chiusi nelle proprie abitazioni e restare all’improvviso orfani di ristoranti e pizzerie; ma soprattutto della trattoria del cuore. Quella che da conforto e rifugio, come una seconda casa, allargando orizzonti e gusto in popolari tavolate dal sapore forte ma genuino. Proprio come lo stocco con pomodorini e le patate aromatizzate all’origano. Un piatto tipico della tradizione partenopea che è entrato da secoli nelle cucine dei campani e nei menù delle più frequentate osterie, sia di città che di campagna. E’ così che questa pietanza tipica, plebea e regale al tempo stesso, può racchiudere contemporaneamente la voglia di una serata da passare nella cucina di casa o la nostalgia per una cena in trattoria. Comunque con lo stocco o il baccalà, perché queste due varianti dello stesso pesce, il merluzzo, sono entrate nelle nostre abitudini alimentari e nella nostra cultura gastronomica in modo determinante. E’ intorno al 1500 che il pesce che arriva dal nord conquista il cuore dei napoletani che sotto gli spruzzi delle abbondanti acque delle sorgenti del fiume Sebèto lo facevano rinvigorire, dissalandolo nel caso del baccalà o reidratandolo nel caso di stoccafisso. Da allora non ha mai lasciato la Campania, diventando uno dei piatti simbolo del Natale partenopeo ed una delle pietanze più amate dalla tradizione popolare. Tanto che a Somma Vesuviana si trovano le più grandi aziende italiane d’importazione e di conservazione di baccalà. Nei periodi di magra imposti dalla religione, ma anche per ovvi motivi economici il baccalà è riuscito a rendere più gustosa la tavola delle case più povere con il “mussillo” o con il “curuniello” di stoccafisso, cioè il dorso e la pancia del merluzzo. Mentre i tagli più nobili e anche molto più costosi sono rimasti, ancora oggi, ad appannaggio delle mense dei più ricchi. Ma questo pesce come fa ad essere uno e trino? Una millenaria usanza dei popoli del nord Europa lo vede protagonista della pesca come merluzzo fresco e poi della trasformazione in stoccafisso o baccalà a secondo del metodo di conservazione. Furono i portoghesi ad insegnare ai Vichinghi l’arte di conservarlo sotto sale. Perché prima lo conservavano solo sotto forma di stoccafisso, essiccandolo, per alcuni mesi, sotto i colpi dei gelidi venti del polo. Facendolo, così, diventare duro come legno e quindi facilmente trasportabile e conservabile. Cosa che avviene anche oggi per produrre le migliaia di tonnellate che si esportano in tutto il pianeta. La versione sotto sale, il baccalà, invece resta morbido e dopo poche settimane di salatura in barili di legno è pronto. In tutte e due i casi però è necessario, prima di cucinarli, che essi rinascano. Dunque il merluzzo dopo il suo lungo sonno sotto un’altra forma risorge al contatto con l’acqua che gli ridona vitalità, colore, morbidezza, profumo e anche la forma necessaria per renderlo di nuovo un cibo pronto da cucinare. E da questo momento in poi la parola passa agli chef che hanno inventato migliaia di ricette con il pesce più amato dalla cucina popolare.