Mara, Matteo, Alessandro, Roberto e Luigi…quei “leader” ormai troppo “grandi” per provare a fare (solo) i Sindaci

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Tra pochi mesi si voterà per le elezioni amministrative in molte città d’Italia. Tre saranno i test politici più importanti: le elezioni per i sindaci di Napoli, Roma e Milano. Ed infatti qui la partita delle candidature, nei vari partiti e schieramenti politici, è più che mai aperta.

Mentre il Pd si arrovella sulle primarie, su come e quando svolgerle, se tenerle aperte anche ai non iscritti o riservarle solo alla “base”, nelle altre compagini il quadro è assai confuso. Eppure a guardare il personale politico di movimento e partiti come Lega, M5S e Fi le nuove generazioni di leader e candidati non mancano. Almeno sulla carta.

Tra le fila pentastellate, ad esempio, sono almeno tre le figure politiche di rilievo che potrebbero essere della partita: Luigi Di Maio, Roberto Fico e Alessandro Di Battista. I primi due in Campania (dove si terranno le comunali anche in città importanti come Caserta e Salerno), il terzo a Roma. Ma alla fine nessuno dei tre proverà a diventare sindaco.

Analogo discorso vale per chi come Mara Carfagna e Matteo Salvini, entrambi figure note all’elettorato e punti di riferimento del centrodestra, dovrebbe, almeno in astratto, esser tentato di guidare la propria città di riferimento (Salerno e Milano). Ma anche in questo caso, salvo clamorose sorprese, nessuno dei due finirà a cercar voti per indossare la fascia tricolore.

Come mai tutte queste defezioni? Forse non è poi così difficile capirlo: Mara, Matteo, Luigi, Roberto, Alessandro sono talmente impegnati nei quotidiani talk show nazionali, talmente presi dalla politica dei massimi sistemi che ormai pensano (ambiscono e sognano) di candidarsi direttamente a Premier. Dunque perché “sporcarsi” le mani con le comunali ? Perché “scendere” così in basso e correre solo da sindaci ? C’è da scommettere invece che da qui al 2018 (anno di scadenza naturale dell’attuale legislatura) tutti sgomiteranno per concorrere alla candidatura a Presidente del Consiglio. D’altronde è o non è l’ora delle nuove generazioni (Renzi docet) ?