Il Piccolo Principe: se ad insegnare sono i piccoli

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Come si può affermare che Il Piccolo Principe sia “banalmente” un’opera per bambini? Come si può non capire che tutti gli insegnamenti racchiusi in quel libricino sono in realtà rivolti ad un pubblico adulto? Mark Osborne, che si è già fatto valere portando sugli schermi un memorabile Kung-fu Panda (altro film rigorosamente per bambini), questo lo ha capito bene, ed ha reso il film capace di arrivare a tutti. Lo ha fatto rendendo protagonista della storia una bambina, Prodigy, che vive in funzione del sogno della madre: entrare in una prestigiosa accademia e diventare una perfetta adulta. Prodigy si trova così a dover passare la vita intera secondo un programma, stilato dalla madre, che la tiene occupata ogni minuto della giornata. Nella sua vita, però, entrerà un nuovo personaggio, un vecchio strambo, che le si presenterà iniziando a raccontarle una storia molto particolare. Il vecchio è infatti l’aviatore che, nel mezzo del Sahara, in cui si trovava a causa di un guasto del proprio velivolo, ha conosciuto il Piccolo Principe. Inizierà raccontandole di come gli abbia chiesto di disegnargli una pecora. Da dove viene lo strano ometto, infatti, non ce ne sono ed a lui serve per evitare che sul suo pianeta, poco più grande del Principe stesso, crescano i baobab, alberi giganteschi, che renderebbero il pianeta stesso inabitabile (“catastrofe!”). Già qui è impossibile non notare come il regista si sia preso una certa libertà: lo scambio di ruolo che ci propone, infatti, non è forse originale, ma è sicuramente stuzzicante. Sarà infatti il vecchio a dover ricordare alla piccola, ma molto adulta Prodigy, che in ognuno di noi c’è un bambino che non va dimenticato. Le racconterà man mano le avventure del Piccolo Principe, dei personaggi che ha incontrato nel suo lungo viaggio, ovvero del re che credeva di comandare l’universo, del vanitoso che aspettava gli applausi per sollevare dalla testa il suo bellissimo cappello, del serpente velenoso il cui morso è più potente del dito di mille re, e di come alla fine arriverà alla conclusione che gli adulti sono tutti strani. Prodigy non può fare a meno di affezionarsi al Piccolo Principe ed al vecchio aviatore, che con questa storia incredibile le fa riscoprire la necessità e la bellezza di essere bambini. Tutto cambia quando il vecchio aviatore racconterà la fine della storia, cioè di quando lo stesso Piccolo Principe gli chiederà di accompagnarlo dal serpente velenoso, che gli permetterà di liberarsi della “propria scorza” e di andare così in posti che altrimenti sarebbero irraggiungibili. È a questo punto che Osborne calca ulteriormente la mano e si permette di andare oltre. Nella prima parte del film l’opera di Antoine de Saint-Exupéry viene rispettata e, usando il personaggio del libro stesso, viene raccontata così com’è. Ma nella seconda parte si stravolgono completamente gli eventi, raccontando un seguito inedito della storia stessa. Prodigy partirà alla ricerca del Piccolo Principe, e lo farà con il velivolo che l’aviatore sta cercando di mettere in moto da una vita, lo stesso che lo ha obbligato nel deserto del Sahara in cui tutto ha avuto inizio. Al limite tra realtà, sogno e fantasia, Prodigy troverà il Piccolo Principe, incastrato in una realtà adulta insopportabile, depressa, laconica. Lui stesso, in maniera coercitiva, è stato obbligato a diventare un adulto e vivere in un mondo che lo vuole solo meccanismo di un triste ingranaggio. A questo punto i ruoli si invertono di nuovo: Prodigy dovrà essere per il Piccolo Principe ciò che il Piccolo Principe era stato per lei fino a quel momento. Il film riesce a cogliere dal primo momento l’intensità del messaggio che la storia vuole trasmettere. Riesce a farlo rendendo il Piccolo Principe stesso un protagonista secondario e mettendo al centro dell’attenzione il modo di diventare adulti. Mark Osborne non si tira indietro neanche quando è necessario parlare di argomenti che ad un bambino possono sembrare cosi grandi da far paura: solitudine , amore, responsabilità, morte, crescita. Esce fuori così un film brillante, emozionante, forte, coinvolgente e commovente che riesce ad arrivare a tutti: a chi bambino lo è ancora ed a chi ha dimenticato di esserlo stato. Una volta usciti dalla sala, dopo esserci resi conto di essere tornati in posti di cui ci eravamo dimenticati, alzando la testa e godendo della bellezza delle stelle, non potremo fare a meno di chiedere e chiederci: “chi l’ha detto che Il Piccolo Principe è solo per bambini?”.