“Elena Ferrante ve la racconto io”, la sfida di Nunzia Gatta alla stampa nazionale

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Una recente inchiesta del Sole24Ore a firma di Claudio Gatti, sbandiera la scoperta definitiva dell’identità di Elena Ferrante (http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2016-10-02/elena-ferrante-tracce-dell-autrice-ritrovata-105611.shtml): l’autrice si identificherebbe con Anita Raja, traduttrice free lance per la e/o, casa editrice de “L’amica geniale” e gli altri romanzi della saga. In proposito, si leva la voce di Nunzia Gatta, Presidentessa dell’associazione GMAnapoliOdV per l’Africa nonché ex amministratore della Grimaldi-Siosa Line a Londra ed ex professoressa di Business Administration all’università di Asmara (si allega curriculum cv-annunziata-gatta), la quale ha vissuto infanzia e adolescenza proprio nel rione Luzzatti, il quartiere di Napoli in cui prende forma la storia di Lenù (Elena) e Lila (Raffaella), amiche di estrazione sociale diversa, che imboccheranno strade divergenti ma le cui vite saranno comunque destinate ad intrecciarsi.

La Gatta sostiene che la storia narrata dal fortunato romanzo sia proprio la sua:-“ Sembra quasi di vedermi scissa tra la mia “personalità buona” e quella “cattiva”, Elena e Lila. Anche io, come Lila, non avevo paura di niente e di nessuno: ancora oggi qualche mio amico dice che non mi si avvicinavano, anche se ero carina, perché davo mazzate, e mi chiamavano “selvaggia”; mentre mi rivedo in Lenuccia perché ce l’ho fatta, ho girato il mondo ….” Alle tesi presentate dal Sole24Ore, suffragate da riscontri catastali e contabili indagando in casa editrice e nella vita privata della Raja, Nunzia contrappone un dato puramente umano:-“Il racconto entra talmente nei particolari delle caratteristiche e gli eventi di rione Luzzatti nel dopoguerra, che chi ha scritto non è possibile sia persona estranea a quel posto o a cui almeno siano stati riportati questi scenari. Risultano sovrapponibili le descrizioni di alcuni luoghi topici come bar, salumeria, le palazzine, la “saittella”, lo “sfiatatoio” del sottoscala esattamente come lo ricordo,  dove anch’io passavo ore a fantasticare cose orribili  ad ogni rumore di ratti e uscita di scarafaggi all’imbrunire...”

Erano anni di stenti, in cui quando si diceva “femmina”, si pronunciava una sottocategoria e Nunzia, esattamente come Lila, voleva studiare ma non le era concessa la possibilità:-“ La maestra Oliviero (si chiama così nel libro ma non nei miei ricordi) convinse i miei genitori, proprio come per Elena, a farmi fare l’esame di ammissione alle medie, cosa che non mi facilitò perché comunque sono rimasta a casa per due anni, con pianti e molta amarezza e frustrazione”. Il fratello maggiore di Lila, che la difese per farla studiare, Nunzia lo identifica con un suo fratello, che contro il volere del padre le pagava la retta per stare all’Istituto professionale; il Nino del romanzo prende le sembianze di un coetaneo, bravissimo al liceo Genovesi e anticonformista al massimo; la descrizione di “Enzo o Enzuccio….”, figlio del fruttivendolo che con cavallo e carretto si fermava all’angolo della strada verso la chiesa, non cattivo “ma terribilmente ignorante”, corrisponde a quello che è stato il primo dei suoi studenti di ripetizioni:-“Quasi gratis: avevo 14anni e lui sui 10”. Da non tralasciare i brividi ricercati dell’età bambina:-“C’è lo scalone buio che noi salivamo come una prova di coraggio, non per andare a trovare don Achille ma per dimostrare di non aver paura; il fatto che nessuno ci aveva preparato al passaggio mestruale e ce lo dicevamo tra di noi” E poi i branchi:-“Quando arrivavano i sassi scappavamo tutte, ma Lila no….” , scrive la Ferrante e la Gatta commenta:-“Io capeggiavo una piccola banda di femmine contro quella dei maschi e quando non riuscivo con le pietre,  facevo finta di volere una tregua e li picchiavo di santa ragione”. Ancora:-“ La biblioteca e il prof. Collina (Ferraro nel romanzo) che ci incoraggiava a leggere tanto, io vincevo premi su premi e il mio libro preferito di allora era proprio Piccole donne, come Lila ed Elena!” Questi e molti altri riferimenti più particolari, disseminati soprattutto ne “L’amica geniale”, confortano la tesi di Nunzia e dei suoi coetanei vissuti in rione Luzzatti.

C’è un però:-“Si parla poco della positività di questo rione, come ad esempio quello che l’oratorio ha fatto per noi: il cinema all’aperto, il teatro, l’offerta culturale, l’andare in gita sull’Enterprise, questi magnifici preti giuseppini che ci hanno aiutato a staccarci dalla nostra normalità, gli scout … non è stato messo in evidenza che eravamo una grande famiglia allargata, tutti eravamo figli di tutti: il mio riscatto era il riscatto di tutti.” E conclude:-“Pare se ne debba fare uno sceneggiato su Rai1 e sarebbe bene parlare con persone che hanno vissuto il rione, perché chi oggi vi si è recato cercando “i luoghi della Ferrante” e non trovandoli, è evidente che non ha vissuto il quel periodo di cui l’autrice parla, altrimenti individuerebbe i cambiamenti. Sono sempre ritornata volentieri con la mente al rione Luzzatti ed a quella famiglia che mi ha sostenuta facendomi fare tanto, aiutandomi anche nel mio sofferto percorso verso l’istruzione: è da qui che nasce la mia volontà di aiutare i tanti bambini che in Africa vogliono andare a scuola