Ancora dispersi la giovane Rosa di San’Antimo, Luigi di Meta e Angela di Afragola. Perché i ragazzi scompaiono?

Le radici di un conflitto

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Rosa

La quindicenne Rosa di Domenico di Sant’Antimo (NA) non è stata ancora ritrovata. In un’intervista al programma Chi l’ha visto, la madre ha raccontato che la ragazza era uscita la mattina del 24 maggio per andare a scuola, aveva detto di fermarsi poi a mangiare da un’amica, poi a sera non è più rientrata. Il cellulare della ragazza era stato localizzato vicino alla stazione di P.zza Garibaldi, si presume che abbia preso un treno per Brescia, di cui consultava gli orari nei giorni precedenti. La madre suppone una conoscenza in chat, un adescatore che le ha impedito di tornare a casa. Il giorno della scomparsa Rosa indossava un top nero corto con brillantini, un giubbotto di pelle nero, uno zainetto di scuola bordeaux. Nel servizio, la giornalista ci tiene a precisare che se qualcuno che stesse aiutando questo stato dei fatti, il reato configurato è sottrazione di minore.

Luigi
Angela

Napoli risente anche della scomparsa da febbraio di un altro giovane ragazzo, questa volta diciottenne, Luigi Celentano di Meta di Sorrento, di cui riportiamo la scheda del programma ( http://www.chilhavisto.rai.it/dl/clv/Scomparsi/ContentSet-2445fa92-2e12-4d96-8f39-96b1784c2534.html ) e di Angela Giuliani, detta Varese di 22 anni, di Afragola alta un metro e 70, occhi e capelli castani; segni particolari: un tatuaggio del simbolo dell'”infinito” sul polso destro e uno di una civetta sulla caviglia destra.

Per chiunque avesse visto o avesse notizie degli scomparsi, oltre che il contatto di carabinieri/polizia, è possibile rintracciare la redazione di Chi l’ha visto allo 06.8262. Condividere e diffondere queste informazioni è importante.

Qual è l’elemento che sussiste quando un giovane scompare? Oltre all’evento tragico di un rapimento, c’è il web, c’è la fuga. Sono due eventi non casuali come il primo, che si portano dietro due fattori scatenanti in seno alle famiglie di appartenenza: la mancanza di sorveglianza e/o di attenzione umana (cura). Il fallimento genitoriale sta nel fatto di considerare questi due aspetti come sinonimi e si finisce per azzeccare l’etichetta del secondo al primo e viceversa. Come nel caso della Blue Whale, i genitori delle vittime o degli scomparsi, dopo l’evento tragico della perdita, sono sempre pronti ad affermare:-“Mio/a figlia/o era una ragazza/o felice, noi siamo stati sempre attenti a lui/lei, non ci spieghiamo come sia potuto succedere”. E sono così sicuri che non si pongono domande sull’automatismo della loro osservazione, come un automatismo è quello dei ragazzi nel nascondere ai genitori il loro stato d’animo quando se ne sentono ormai estranei. La radice del male è l’ignoranza culturale che accompagna l’ignoranza umana e viceversa (della serie, essere solo gente colta, genitore colto, non serve a niente). Certi genitori professano di essere molto attenti alla condotta dei propri figli, confondono questo tipo di sguardo con la premura verso la sua persona, confondono la premura vera con il controllo poliziesco, sia esso stringente o soft, diretto o indiretto e si stupiscono se i figli abboccano agli adescamenti sul web, dando tutta la colpa ai marpioni: ma l’attenzione alla condotta è un dato formale, perché sotto una condotta c’è tutto un mondo di motivi che essa esprime in superficie solo si è attenti a coglierne gli elementi che mettono in luce il sottostrato, sia che esso nasconda una virtuosità sia che celi una disfunzione. I figli sanno comunque rubarsi i propri spazi dai tutori, soprattutto in una società come la nostra, e così questi spazi, lungi dall’essere creativi o ricreativi, diventano per loro stessi nocivi quando i ragazzi sono deboli: controllare gli accessi internet, le discipline di hobby, le amicizie, i programmi alla televisione et similia non è che la parte sterile, statistica di un’attenzione più profonda verso la persona, che si esprime nel concetto di cura (che non comporta però il lassismo, cioè l’estremo opposto). Il problema sta nel chiedersi fino a che punto un genitore è in grado di accettare del figlio caratteristiche che siano difformi dal proprio modo di vedere e vivere, cui il tutore lo porta a coincidere attraverso il primo tipo di attenzione, la sorveglianza, atteggiamento di polizia, cioè di integrazione obbligata ad un sistema sovraordinato (seguendo Michel Foucault). La soluzione è continuamente mediare tra noi e l’altro, tra l’essere genitori e l’essere uomini dei propri figli e di sé stessi, integrare le due prospettive di controllo/cura, e forse allora non dovremo più piangere la scomparsa di povere vittime di un circolo vizioso.