Pompei, dalla periferia al rap: ecco il primo singolo di Antonio Ingenito – IL VIDEO –

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Antonio Ingenito, in arte El Pit, esordisce sulla scena rap col brano “ NA Cartel”, l’inizio dell’avventura della crew “ Equipo 27” , da lui fondata insieme a Nicola D’Auria ( N Mane). Il pezzo denuncia la povertà, materiale e sociale, del posto dove i due ragazzi sono nati e cresciuti ( tra Pompei e Santa Maria la Carità, volendo estendere la riflessione un po’ a tutta la provincia di Napoli, da cui il titolo della canzone). Il concetto portato avanti è che la precarietà e la confusione spesso conducono alla sola strada della violenza, con la speranza che la musica possa veicolare, attraverso il fresco linguaggio del rap e della lingua napoletana, un messaggio di speranza tra le difficoltà. Il progetto della crew si svilupperà con l’uscita di un secondo brano, presumibilmente dopo l’estate, che vedrà i due ragazzi cantare insieme.

Chi è Antonio Ingenito in arte El Pit?
El Pit nasce da un soprannome che mi hanno dato i miei amici. Mi hanno sempre chiamato Pitbull e da lì è venuto naturale quasi chiamarsi così. Non ha nessun significato particolare. È semplicemente un nome che mi porto dietro da anni.

Cosa ti ha spinto a tuffarti nel mondo della musica e del rap più precisamente?
La musica mi ha sempre attratto sin da bambino. Anche se onestamente ho iniziato ad interessarmi seriamente al rap da pochi mesi. Soprattutto grazie all’album “Malammore” di Luchè, che per neve è un capolavoro.

Il tuo primo singolo sta riscuotendo un ottimo successo sul web, come ti fa sentire tutto questo? Te lo aspettavi?
Sono contento che la canzone stia avendo questi buoni riscontri, perché è il presupposto necessario per procedere e realizzare altri sogni e progetti. È importante capire cosa la gente pensa di te. Questo riscontro iniziale non me l’aspettavo, anche se sapevo che il pezzo era un buon prodotto.

Che messaggio vuoi lanciare con il testo di “Na Cartell”?
Il rap è una cosa seria. Un concetto, questo, che sta sfuggendo un po’ di mano. Tutti si sentono in diritto di farlo. Credo che bisogni passare prima per una gavetta, che significa anche ascoltare tanta musica prima e, poi, dopo capire le proprie influenze per stabilire un proprio stile e, infine, trovare la propria identità. Il messaggio, però, è anche sociale. Si racconta la nostra terra molto martoriata. Un fattore che genera confusione che, secondo me, porta alla violenza. “Na Cartell” è più che altro un titolo provocatorio. Infatti, cartell in spagnolo significa gang e quindi richiama ad un’organizzazione criminale, che infanga il nostro territorio.