“I Vini di Indovino”: Il sommelier recensisce la Coda di Volpe irpina

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Irpinia Coda Di Volpe DOC, Torama, Vadiaperti, 2013

 

Ci troviamo tra le colline dell’Avellinese, più precisamente a Contrada Vadiaperti, in quel di Montefredane.
È qui che nel 1984 Antonio Troisi, da sempre impegnato nella viticoltura, decise di dar vita all’Azienda Vadiaperti (il cui nome trae spunto da quello della Contrada) e di imbottigliare e vendere a proprio marchio anziché sfuso.
Irpino, Professore di storia e profondo conoscitore delle antichissime origini della vitivinicoltura italica e del bacino del mediterraneao.
Il suo forte legame col territorio da sempre lo ha portato ad essere uno strenuo sostenitore e valorizzatore dei prodotti tipici della terra natia.
Da quella prima bottiglia, di Fiano per l’esattezza, la passione lo ha spinto a dedicarsi anima e corpo nella sperimentazione e nel perfezionamento delle sue tecniche colturali e di vinificazione.
Man forte e nuovi stimoli sono arrivati successivamente grazie al figlio Raffaele che, terminati gli studi chimici, ha immediatamente affiancato il padre grazie alla passione per il vino e la vite che gli aveva trasmesso.
L’imperativo, sin dalle prime battute, è stato la valorizzazione dei vitigni autoctoni.
Infatti, tra la fine degli anni ’80 ed i primi degli anni ’90 gli sforzi si sono concentrati  anche sul Greco, allevato nelle vigne di proprietà lungo le pendici di Montefusco a più di 600m s.l.m.
Successivamente, sempre mossi dalla voglia di valorizzare la tipicità “varietale” delle uve e dei vini legati al territorio, gli sforzi si sono concentrati sulla Coda di Volpe
Per Antonio e Raffaele non’era semplicemente un’uva da taglio (come da disciplinare di produzione), ma, una varietà da cui ottenere un Vino a Denominazione di Origine, con una bottiglia ed un’etichetta propria.
Dopo la scomparsa del ‘professor Antonio’, Raffaele ha perseguito con la stessa passione e lo stesso rigore le regole ed i principi appresi dal padre nella conduzione dei vigneti e nella produzione dei vini.
Poco propenso a seguire le mode nel settore enologico (come papà Antonio), è sempre stato convinto che il vino si faccia in vigna. Infatti, vigneto per vigneto,
è egli stesso a decidere il sistema di potatura, il programma di concimazione ed i trattamenti da adottare, nonché l’epoca vendemmiale.
La sua “mission” lo ha portato a sacrifici ed impegno nello studiare i suoli, i vitigni, i componenti degli acini…..
Sacrifici ed impegno nell’ analisi, di anno in anno, delle migliori strategie colturali ed enologiche, per rispettare i principi della vite e del vino o nell’individuare quali terreni ed esposizioni fossero i più indicati per un determinato vitigno, al fine di esaltarne in modo specifico le caratteristiche varietali: imperativo categorico del suo impegno enologico.
Tante sono state poi le soddisfazioni nel vedere i frutti di questo duro lavoro, nel vedere il percorso naturale secondo il quale da una gemma si giunge ad un mosto inespressivo che col tempo tramuta in un vino complesso ed intrigante.
Soddisfazioni che continuano tutt’ora, seppur sotto un altro brand, seppur in veste di consulente enologico e non di proprietario.
Una serie di vicissitudini (che non intaccano la filosofia che c’è dietro i vini di Raffaele) hanno portato alla nascita del marchio Traerte nel 2011 (letteralmente: tra strade di montagna), sotto il quale continueremo ad apprezzare i vini in cui Troisi darà come sempre tutto se stesso, forte di un’esperienza quasi trentennale.
Veniamo dunque al Torama 2013, da Coda di Volpe in purezza e frutto di una vinificazione svolta integralmente in acciaio, con una sosta sulle fecce fini di 8 mesi circa prima di passare ad affinarsi in bottiglia.
Nel calice il vino affascina sin dalle prime battute per la calda e vivida tonalità che si avvicina all’oro, molto composto nelle roteazioni del calice. Al naso il primo impatto è minerale e vegetale, a ricordare la polvere di gesso ed il fieno. Successivamente il quadro olfattivo si arricchisce di profumi che riconducono al miele ed alla pera williams matura, completato infine da una nota carnosa di fiori di tiglio. Il sorso è teso in ingresso, avvolge il palato ed acquista spessore grazie anche ad una piacevolissima e stimolante scia sapida in cui si ripetono i timbri erbacei e di miele. 
Ho avuto modo di apprezzare il Torama in un calice non molto voluminoso e di media apertura, ad una temperatura che idealmente dovrebbe avvicinarsi ai 10°C. Personalmente ritengo che possa essere il compagno ideale di un filetto di Rana Pescatrice al Forno, panato con del pane saporito alle erbe mediterranee.
Rubrica a cura di Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina.