La magia del Gragnano nelle bottiglie della Cantina di Mariano Sabatino

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Tre generazioni di vignaioli al servizio del Gragnano. I Sabatino dal 1970 vendono e producono il vino che ha lo stesso nome della città che ha dato i natali anche alla pasta.  Ma Gragnano non è un semplice luogo geografico o una delle tante amene cittadine della Campania. Gragnano è, nell’immaginario collettivo internazionale, un concetto ben definito di idea enogastronomica. Il territorio circostante e le due pregiate produzioni, pasta e vino, danno un marchio indelebile all’antica città la cui origine risale a prima della colonizzazione da parte della Roma imperiale. E se per la pasta è stato più semplice far conoscere il nome della città perché qui si produce più pasta di ogni altro luogo d’Italia e soprattutto perché c’è una gran quantità di pasta artigianale e di qualità tanto da aver raggiunto il marchio di tutela IGP, per il vino invece la strada è stata tutta in salita. E c’è voluto il contributo caparbio e appassionato di tanti produttori per arrivare in cima, fino alla Doc ed ai tanti riconoscimenti di prestigiose guide di settore e di esperti sommelier. Tra i protagonisti di questa bella conquista c’è sicuramente la famiglia Sabatino che con Mariano ha contribuito non poco a dare lustro al vino cittadino. Il nonno ha iniziato, negli anni settanta,  con una modesta cantina mentre la nonna gestiva l’osteria di famiglia. Poi è arrivato il papa Giuseppe ed infine, da oltre una decennio,  la gestione in prima persona di Mariano che sin da bambino ha frequentato la cantina in tutti i suoi aspetti. Con Mariano, oggi 48anni, la svolta è stata epocale ed in pochi anni sono arrivati riconoscimenti e punteggi molto lusinghieri per il suo Gragnano Doc. Ma dietro agli elogi che ora arrivano facili c’è stato e c’è un gran lavoro molto particolare perché arrivare a livelli così alti livelli per un vino che ha una bassa gradazione e che geneticamente non è nato per invecchiare significa aver messo veramente tutto il cuore, oltre che il cervello, in questa sfida molto difficile. Le uve di Piedirosso, Sciascinoso, Aglainico e altre varietà autoctone, dopo la pigiatura restano in autoclavi dove viene indotta la seconda fermentazione con le stesse modalità di quando avveniva in una singola bottiglia. Dopo settanta giorni circa e passaggi al filtro il Gragnano è pronto per essere imbottigliato e bevuto dopo una quindicina di giorni. Un vino, dunque, giovane che resta fanciullo e che va consumato entro l’anno. Come si può facilmente intuire è un vino che per la sua briosità è difficilmente domabile e si potrebbe paragonare al Peter Pan dei vini. A differenza degli altri cugini rossi che si prestano a lunghe stagionature ed a cambi di casa (tra acciaio, botti e bottiglie) senza alterarsi, questi è più delicato e ribelle al tempo stesso ed esprime lo stesso carattere delle bollicine della bella e profumata spuma rossastra che si forma nel bicchiere. Dare dignità di grande vino a questo allegro e gustoso vinello ha del miracoloso e senz’altro i Sabatino con tutti gli altri produttori e la stessa città di Gragnano hanno contribuito a questa bella magia. Ma nella cantina si lavora costantemente per migliorare la produzione, tra non molto arriverà l’aiuto della quarta generazione con Erica, figlia di Mariano, che studia enologia, e continuano a nascere fenomeni come il rosso frizzate chiamato semplicemente “Mariano Sabatino” e recensito nella rubrica dei vini in questa pagina. Poi ci sono il Lettere Doc che viene prodotto più o meno con lo stesso procedimento, il Pompeiano rosso Igp ed il Penisola Sorrentina Rosso Doc che ha le stesse uve del Gragano ma rimane fermo, viene affinato per pochi mesi in botte ed  ha una gradazione che si presta ad invecchiamento. Ma la cantina produce anche i bianchi classici dell’enologia regionale ed un buon spumante, sia in versione dolce che brut.