La pasta di Gragnano, dalla storia all’Igp

Pubblicità

Tra i pastifici cittadini anche “il Mulino” fondato da 5 giovanissimi imprenditori con l’aiuto della chiesa locale

Un viaggio lungo 500anni: dalla valle dei Mulini di Gragnano fino agli onori della gastronomia internazionale di qualità. La pasta ne ha fatta di strada, conquistando cuori, palati e giudizi lusinghieri come quello di Alfonso Iaccarino, maestro e guru della cucina mediterranea. Il famoso chef di Sant’Agata sui due Golfi aveva salutato con entusiasmo la presenza nei menù, dei grandi alberghi sparsi per il mondo, dei paccheri di Gragnano con pomodorini freschi e basilico. E la sua riflessione si è rivelata come l’oracolo di chi sa che sta parlando di prodotti di eccellenza che avranno un futuro pieno di riconoscimenti. Il riconoscimento principale, dal punto di vista istituzionale, è arrivato dalla Comunità Europea nel  2013. Infatti dopo il lungo iter burocratico, dai mille cavilli della normativa italiana e comunitaria, finalmente la rinomata pasta si è potuta fregiare del marchio di tutela e qualità Igp.(Indicazione Geografica Protetta). Merito dell’ottimo lavoro svolto dal “Consorzio Gragnano Città della Pasta” che rappresenta la stragrande maggioranza dei pastifici della zona, ma merito anche dei numerosissimi chef campani che hanno intrecciato il destino dei propri piatti e della propria fama a quello di questi “maccheroni” di popolare memoria. Anche la letteratura ha fatto la sua parte. Basti ricordare qualche citazione di Maria Natale Orsini che ha trasformato la sua prosa, con un lirismo epico, in un inno alla pasta artigianale della zona: “signora di madreperla dorata che nasce come Venere dalle spume del Mediterraneo”. Perché il mare nostrum non è solo un luogo, ma anche il mezzo dove merci, culture, religioni e uomini si sono scontrati ed incontrati per dar vita ad una delle più antiche ed affascinanti civiltà, dove il cibo è stato sempre uno degli elementi principali. Come il grano che viaggiava a vela dal lontano oriente fino alle coste campane per diventare pasta. Merito, infine, dei consumatori (sparsi in 42 paesi dei 5 continenti) che hanno saputo apprezzare il gusto unico dei suoi 140 formati. Ed è così che, nel mondo intero, le parole pasta e Gragnano sono diventate una sola cosa, realizzando uno dei marchi più immediati e visibili del made in Italy. Un binomio inscindibile che nasce da una storia secolare, che lega i due nomi in un solo significato: prodotto di qualità. Intorno al 1500, nella valle dei Mulini, cominciarono le prime produzioni artigianali in città e da allora la fortuna di Gragnano si è annodata, a doppio filo, a quella della sua pasta, conoscendo alti e bassi, fino ad arrivare a vivere la seconda giovinezza degli ultimi decenni. Una seconda giovinezza che ha aperto speranze e strade nuove anche a chi si è ritrovato pastaio per crearsi un lavoro. Come è successo a cinque giovanissimi imprenditori che sono passati dalla parrocchia San Leone alle trafile di bronzo, del “Mulino di Gragnano”  grazie agli aiuti di parenti, amici ed all’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia. Alfredo, Luigi, Agostino, Francesca e Raffaele definiscono la loro storia incredibile. Ed effettivamente ha del miracoloso. Infatti hanno imparato a riconoscere il grano migliore, i metodi di lavorazione artigianale, l’uso delle trafile che danno il formato alla pasta ed essendo di bronzo le donano la necessaria rugosità per meglio farla aderire ai sughi. Poi hanno capito bene che per farla essiccare c’è bisogno della giusta umidità e temperatura, come hanno compreso che il confezionamento va fatto a mano in contenitori che garantiscono la freschezza e fragranza. Insomma i cinque giovani, da buon gragnanesi, sono riusciti a creare una bella realtà che vende pasta anche a rinomati ristoranti che la consigliano nei loro menù come il ReFood di Sorrento che propone la ricetta della settimana