Intervista a Gianluca De Vivo: il signore del tatami, da San Valentino Torio ai vertici del karate

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E’ uno dei maggiori esponenti del Karate internazionale, nella palestra di San Valentino Torio  insegna a promettenti bambini i segreti della sua arte: Gianluca De Vivo,  classe ’92, è atleta della Nazionale Italiana di Karate.

Dunque Gianluca, sei arrivato ad un passo dall’oro agli ultimi Campionati Italiani disputati ad Ostia, nella sfida infinita contro il tuo rivale sportivo Salvatore Serino. Che ricordo hai di quest’esperienza che ti ha portato l’argento?

Posso dire di non avere un ricordo molto positivo. Ero il Campione italiano in carica e sono andato lì con l’obiettivo di vincere la medaglia d’oro . Non mi sento soddisfatto al 100% del secondo posto. Durante il Campionato avevo fatto delle belle eliminatorie e un bel percorso, cedere il passo in finale soprattutto per un mio errore tattico mi lascia un po’ l’amaro in bocca. Inoltre volevo togliermi delle soddisfazioni e mettere a tacere certe voci riguardanti un mio calo, che fanno parte del mondo sportivo, purtroppo però non ci sono riuscito. Spero, ovviamente, di trasformare tutto questo in uno stimolo in più per le prossime gare che ci saranno prossimamente e di rifarmi il prima possibile.

Hai appena citato le prossime gare, dov’è che i tuoi tifosi ti potranno seguire?

La prossima gara a cui parteciperò saranno gli Open di Karate a Las Vegas (Nevada, USA) del 24 Marzo, dopodiché ho in programma, il 9 aprile, gli Open ad Al Ahli (Dubai), entrambe per testare la mia condizione fisica, mentale e le mie strategie tecnico-tattiche, per poi mettere nel mirino la tappa, per me fondamentale, ovvero i prossimi Campionati Europei, che si disputeranno nel mese di maggio a Montpellier, in Francia.

Cosa ti aspetti di trovare? Punti all’oro europeo?

Durante questi test troverò i migliori atleti a livello mondiale con cui potrò confrontarmi ed avrò quindi la possibilità di prepararmi al meglio e dando il massimo per i prossimi europei. Per quanto riguarda il risultato non voglio sbilanciarmi ma voglio citare una frase che disse un uomo di calcio, Gianpiero Boniperti: “Vincere non è importante, è la sola cosa che conta”.

Sei quindi molto carico. Tralasciando per un attimo il tuo prossimo futuro, cosa pensi di chi snobba sport come il Karate piuttosto che la Boxe, a favore di sport più pubblicizzati come può essere il calcio?

Il mondo purtroppo va così: quello che in Europa rappresenta il calcio, è anche negli Stati Uniti il football americano o il basket. Sono delle tendenze, delle mode e la società,  quindi anche i ragazzini sono più portati a seguire determinati sport piuttosto che altri. Esistono gli sport “ricchi” e gli sport “poveri”, questi ultimi un po’ sottovalutati ed a volte persino scartati dai media. Io però ti posso dire che in questo tipo di sport, per esperienza personale, si possa trovare quel quid in più, un qualcosa di diverso, rispetto ai soliti che può far innamorare la gente, com’ è successo a me.

Cosa si potrebbe fare per migliorare l’utenza e la visibilità del karate secondo te?

Io penso che lo scoglio più importante da superare sia la decisione del CIO (Comitato Internazionale Olimpico) che si pronuncerà a luglio sulla partecipazione o meno del karate alle prossime olimpiadi in programma. Mi sono informato sulla situazione attuale e le percentuali dicono che per Tokio 2020 dovremmo esserci, salvo ulteriori intoppi. Una volta entrati nella categoria di sport olimpici potremmo raggiungere una grande utenza di pubblico.

Nel ranking mondiale sei attualmente l’italiano che ha raggiunto la posizione più alta, ventisettesimo. Ai tuoi livelli indubbiamente si diventa un esempio, soprattutto per i giovani. Cosa ti senti di dire ad un bambino che si affaccia al karate per la prima volta?

Avvicinarsi al karate porta soltanto benefici e farlo in una città come San Valentino Torio, che è una delle patrie di questo sport a livello nazionale ed internazionale, porta il bambino a prefiggersi un obiettivo nella vita ma al contempo è una grande responsabilità. Il karate, nel mio territorio, non viene visto come un passatempo. Tanti bambini entrano per rimanerci e crescere insieme alle opportunità che ti da questo sport oppure abbandonano subito. Non c’è una via di mezzo: o ti cambia la vità o molli tutto subito. Questo indubbiamente porta a fare dei sacrifici, soprattutto nello stile di vita e nell’alimentazione che è uno dei pilastri fondamentali per ottenere ottimi risultati nello sport in generale.

Con il caso Sharapova e con il caso Pantani (peraltro mai chiuso) è tornato d’attualità l’argomento doping. Qual è la tua opinione a riguardo?

Per quanto riguarda la questione doping io credo che negli anni siano molto migliorati i controlli e infatti con i sistemi attuali, soprattutto con il sistema ADAMS (Anti-Doping Administration & Management System) a cui anche io faccio riferimento, sempre meno atleti la facciano franca. Per la questione morale io penso che sia giusto pagare: siamo tutti atleti e siamo tutti sullo stesso piano, trovo inaccettabile che qualcuno ceda alle tentazioni di migliorare illegalmente le proprie prestazioni a scapito del sistema che ne esce sempre danneggiato.

Cosa pensi invece della piaga del bullismo?

Penso che sia una delle cose più brutte che si possa sia vedere che subire. Io voglio fare un appello, non a chi lo subisce ma a chi lo attua: farlo è un qualcosa di vergognoso e sfogare le proprie insicurezze e la tua parte peggiore sugli altri non ti porta da nessuna parte. Cerchi di renderti migliore agli occhi degli altri, a scapito di chi ti sembra più debole ma, paradossalmente, quello realmente debole sei tu. Se proprio vuoi crescere, fallo rispettando delle regole, confrontati con chi è migliore di te, più forte di te ma soprattutto fallo da solo e non nel cosidetto “branco”.

Come ha cambiato la tua vita il Karate?

Io ho iniziato quasi per gioco, ma come ti ho detto prima ho capito ben presto che non è uno sport normale soprattutto praticato nel mio paese. Il Karate, attraverso i sacrifici che ho fatto e che tuttora faccio, posso dire che mi abbia dato tutto.

La famiglia che ruolo ha avuto nella tua vita di atleta?

La mia famiglia è stata la mia base forte. Soprattutto nei periodi iniziali, quando i sacrifici economici da sostenere sono tanti: senza di loro e grazie alla fiducia che hanno riposto in me, sin dall’inizio, non sarei mai potuto diventare l’atleta che sono oggi.

La tua più grande soddisfazione personale?

Beh è quella di averci creduto fino in fondo ed essere arrivato dove sono ora, facendo anche delle scelte importanti. Però ti posso dire che sono diventato una persona con tanta autostima, ho acquisito tanta sicurezza nei miei mezzi e non devo ringraziare nessuno per questo. Non ho nessun rimpianto sulle scelte del passato. Poi questo mi ha portato alle soddisfazioni sportive ma la mia più grande vittoria è essere diventato una persona equilibrata. Un giorno se dovessi finire a dormire sotto un ponte, sarei felice così perché ci sarò arrivato con le mie forze.

La tua più grande delusione sportiva invece?

Te ne dico due a pari merito: la prima fu il Mondiale Under18 del 2009, a quei tempi ero uno tra i favoriti per il titolo e buttai tutto all’aria. E poi non posso che ricordare gli Europei ad Istambul dell’anno scorso. Quella gara mi ha davvero ridimensionato professionalmente. Ancora oggi mi brucia veramente tanto.

Qual è la formula che ti ha fatto diventare un campione ?

Seguire sempre gli obiettivi prefissati, i propri desideri e non curarsi mai di cosa pensano le persone esterne. Avere dei rimpianti per seguire una strada inculcata da altri, secondo me è la cosa più brutta che ci possa essere. Il mio credo quindi è inseguire sempre i propri sogni.

Hai parlato di sogni: qual è il sogno di Gianluca De Vivo?

Ma io in questo momento non ho sogni. Avere sogni significa credere in qualcosa più grande di te quindi posso dirti che in questo momento io ho solo obiettivi che sono partecipare al meglio della condizione alle gare di Montpellier e ai Mondiali di novembre.