Il caffè è davvero una bevanda cancerogena? Arriva il parere dell’OMS

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“A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco”. Così si esprime il celebre scrittore napoletano Erri De Luca nel suo libro “Tre Cavalli”. Siamo di fronte ad un’espressione poetica che racchiude in sé la verità di quella che al sud ed a Napoli, in maniera particolare, risulta essere una tradizione inviolabile, un rito quasi ancestrale che si perpetua ogni giorno in tutte le case, con attori, gesti e significati ben precisi, che ruotano tutti attorno ad una tazzuelella ‘e cafè.

Un popolo di bevitori di caffè

Nel sud Italia si beve più caffè
Ciascun colore indica il numero di tazzine di caffè bevute in media in una settimana. Blu: da 1 a 6 Azzurrino: da 7 a 13 Rosa: da 14 a 20 Arancione: da 21 a 34 Marrone: 35 o più

Anche dalle statistiche si evince che al meridione il caffè è quasi un elemento imprescindibile per il vivere quotidiano, tanto che se ne bevono quasi 18 tazzine pro-capite nell’arco di una settimana, con l’8% della popolazione che dichiara di berne addirittura più di 35, corrispondenti ad oltre 5 tazzine al giorno. Il consumatore tipo risulta essere di sesso maschile, con un’età compresa tra i 45 ed i 65 anni, mentre i giovani sembrano essere meno dipendenti dal consumo di caffè, nonostante essi comincino a farne uso in età sempre più precoci. Per avere un quadro più completo della situazione, basti pensare che in Italia solo il 3% delle persone dichiara di non bere caffè, mentre il restante 97% contribuisce nel far posizionare il belpaese al tredicesimo posto a livello mondiale per consumo annuo di caffè, addirittura davanti a paesi come il Brasile, in cui la materia prima viene coltivata e non importata.

Il parere della IARC

Dal 1991 la International Agency for Research on Cancer (IARC), un organismo direttamente dipendente dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), aveva inserito il caffè nel gruppo 2B nell’ambito della classificazione delle sostanze cancerogene. In pratica, il chicco bilobato più famoso al mondo, era stato dichiarato come “agente possibilmente cancerogeno per l’uomo”. Ciò vuol dire che era stata riscontrata una limitata evidenza scientifica che correlava questa sostanza a diversi tipi di neoplasie ed, in modo particolare, al cancro della prostata. Recentemente, la OMS ha però richiesto un approfondimento sulla tematica ed in data 15 giugno è stato pubblicato il responso di questa nuova inchiesta. Ebbene, 23 scienziati, dopo aver effettuato una review sistematica di oltre 1000 studi sull’argomento, hanno decretato che l’evidenza di cancerogenicità era inadeguata ed hanno proposto la declassazione del caffè nel gruppo 3. Ciò vuol dire che la bevanda probabilmente più amata dai napoletani non è una fonte acclarata di tumori, mancando evidenze scientifiche valide a supporto dell’ipotesi di cancerogenicità.

La mappa mondiale del caffè
La mappa indica con colori dalle tonalità più forti i paesi in cui si bevono maggiori quantità di caffè.

Nuovi pareri, vecchie raccomandazioni

Sebbene questa riclassificazione possa far tirare un sospiro di sollievo a quanti amano sorseggiare un buon espresso, è sempre consigliabile non esagerare e non eccedere le 2-3 tazzine quotidiane. Infatti, pur essendo stato scagionato dall’accusa di essere un cancerogeno, il caffè può avere degli effetti negativi non trascurabili se non assunto con moderazione. In particolare può accentuare l’acidità gastrica, motivo per il quale è bandito dalla dieta di pazienti con ulcere peptiche e gastrite; può favorire il reflusso gastro-esofageo, che a sua volta rappresenta un’importante fattore di rischio per il cancro all’esofago; può

La molecola della caffeina
La caffeina stimola la produzione di catecolamine e combatte la sonnolenza, ma può creare una forma di dipendenza che va sotto il nome di caffeinismo.

ostacolare il corretto assorbimento di minerali, oltre che, come è universalmente noto, aumentare l’irritabilità e le condizioni di stress nei grandi bevitori. Un motivo ulteriore per limitare il consumo di caffè proviene dall’evidenza che un suo consumo prolungato porta a tolleranza dell’organismo nei confronti della trimetilxantina, diventata famosa col nome di “caffeina”. Ciò vuol dire che, a lungo andare, si crea una situazione di dipendenza sterile da questa sostanza, in quanto, a parità di volume ingerito, gli effetti positivi, come quello stimolante nei confronti dei meccanismi della veglia, si riducono fino ad annullarsi.

Un interesse crescente verso le proprietà positive

Il caffè, oltre ad aumentare lo stato di veglia del soggetto, possiede altre caratteristiche benefiche, che sono diventate oggetto di studio soprattutto nell’ultimo decennio, a causa del suo vasto consumo. A tal proposito risulta interessante una ricerca made in Italy, frutto del lavoro dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, che correla il consumo moderato di caffè ad una riduzione del 40% del rischio di cancro al fegato, sebbene il meccanismo di causa-effetto sia ancora sconosciuto. Inoltre, altri ricercatori dell’Università di Harvard hanno provato che 2 tazzine di caffè al giorno contribuiscono a prevenire l’arresto cardiaco. Dunque, viene sfatato il mito che ha visto per decenni il caffè come una sostanza dai soli effetti negativi per la salute e quest’ultima monografia pubblicata dalla IARC è un’ulteriore prova a favore di un suo consumo moderato. Insomma, la routine quotidiana e le tradizioni sono salve, almeno per ora.