Mostra fotografica “Hic sunt dracontes”: certi luoghi sembrano morti, ma respirano

Pubblicità

Venerdì 29 luglio alle 17,30 al Castel dell’Ovo di Napoli nella Sala delle Terrazze si aprirà la mostra del fotografo Nicola Bertellotti intitolata “Hic sunt dracontes”. Questa è una locuzione latina molto diffusa sulle carte geografiche antiche, a partire dall’antica Roma, utilizzata in corrispondenza delle zone inesplorate dell’Africa e dell’Asia, riportata poi nella pratica medievale di mettere draghi sulle aree inesplorate delle mappe. L’ etimologìa richiama il lavoro dell’artista, affascinato dal mistero di una morte apparente dei luoghi, “morte” alla vista di un occhio umano comune, ma che in realtà vuol dire trasformazione della vita. E nel contrasto tra pensare comune e creativo della decadenza sta il senso artistico di questa mostra. Ad esempio, una vecchia chiesa invasa da rami frondosi o un muro scrostato con davanti un passeggino antico scalcagnato, conservano una vita che non è finitabertellotti, ma si perpetua uguale rinnovandosi nel proprio ricordo. E la dimensione della memoria è fondamentale per il Nostro: “Nicola Bertellotti – scrive Pier Luigi Pinelli, docente di Letteratura francese all’Università di Genova – celebra una spazialità affettiva, che, basandosi sul ricordo, è popolata da rovine: l’eco andato dei passi nelle stanze vuote, la penombra e la tela del ragno, che evoca la precarietà dell’esistenza. […] L’obiettivo cattura immagini di un passato attraverso la memoria della propria esperienza, con un rimando alla Recherche du temps perdu. Gli oggetti desueti e i luoghi ritratti dal fotografo rivestono, infatti, la stessa funzione che ricopre in Proust la madeleine, quella di evocare il ricordo di un’età felice”.

1001-secretsL’eterogeneità dei luoghi che Bertellotti fotografa (cfr. http://www.nicolabertellotti.com/ ) ci danno il senso di una ricerca profondamente legata al concetto del viaggio, passione consolidata in lui dalla lettura di uno dei fondamentali testi della letteratura di viaggio, “La polvere del mondo” (L’usage du monde) di Nicolas Bouvier. Per Bertellotti il viaggio è un’avventura che garantisce la propria impressione nella fotografia. E “avventura” è la parola che porta la mente del viaggiatore a trovare il Bello in ciò che la mente ordinaria trova inutile, di second’ordine, soprattutto stonati. In ciò sta la temerarietà:- “Rovine moderne, simbolo di un tempo perduto che si aspira a ritrovare.  – scrive Bouvier-  È la contemplazione silenziosa degli atlanti, su un tappeto, a pancia in giù, tra i dieci e i tredici anni, che dà la voglia di piantar tutto. Ci si ritrova a pensare a regioni come il Banato, il Kashmir, o il Caspio; alle musiche che vi risuonano, agli sguardi che si incontrano, alle idee che vi aspettano…”. Bertellotti ci porta a passeggiare tra luoghi fisici che diventano luoghi dell’anima, ci dimostra che quando c’è fisicità non basta il mancato utilizzo dell’uomo a far morire l’anima, confermando la tesi che in Natura nulla si distrugge.

Quante volte il viaggiatore si è interrogato sui motivi che lo hanno spinto a partire? Bouvier ci dice che “Un viaggio non ha bisogno di motivi. Non ci mette molto a dimostrare che si giustifica da solo. Pensate di andare a fare un viaggio, ma subito è il viaggio che vi fa, o vi sfa”.

Orari e tempi della mostra:

dal 29 luglio al 16 agosto

dal lunedì al sabato dalle ore 11 alle ore 18

domenica dalle ore 10 alle ore 14