Pompei, le associazioni scendono in piazza puntando il dito contro Comune, Soprintendenza e Santuario

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“Con tutto rispetto, il commissario prefettizio Donato Cafagna, il Soprintendente archeologico Massimo Osanna, il direttore generale del Grande Progetto Pompei Luigi Curatoli, non sono di Pompei. Noi vorremmo partecipare  allo sviluppo che questa città merita. Questa cosa, noi, la diciamo sommessamente. Però, un po’ alla volta, siamo stati costretti ad alzare la voci, fino a trovarci in piazza a prenderci un caffè, quasi come se fosse una cosa eversiva. Questo, noi, non lo accettiamo”, sono le parole di Alessandro Di Paolo, presidente dell’associazione commerciale Ascom che, ieri pomeriggio, insieme a tante altre associazioni della città degli scavi (tra cui quella formata dai giovani di “Pompei città ribelle”, una rappresentanza del gruppo di ProgrammiAmo Pompei, e tanti altri), ha voluto manifestare in piazza Bartolo Longo la propria contrarietà nei confronti di Soprintendenza e Santuario. Un megafono alla mano, tanta gente seduta raccolta tutta intorno ad ascoltare gli interventi, proprio ai piedi del Santuario. La scintilla che ha fatto scatenare il tutto è stato il divieto di occupazione suolo pubblico da parte del bar santuario, uno dei locali storici della città di Pompei. Un divieto imposto, a quanto pare, proprio da Santuario e Soprintendenza per questioni di decoro urbano. “Una mattina ci svegliamo e apprendiamo dai giornali che facciamo parte del Grande Progetto Pompei – continua nel suo intervento Di Paolo -, e siamo un territorio omogeneo con Ercolano, Portici, Castellammare di Stabia ecc. Un altro giorno, poi, ci svegliamo e ci rendiamo conto che, invece, apparteniamo ad un Distretto Turistico che ci vede, per omogeneità di territorio, insieme ai Monti Lattare e Valle del Sarno. Noi ci chiediamo, prima di fare questa stratificazione di territori, hanno mai chiesto a un pompeiano a chi si sente omogeneo o meno? Gli investimenti che stanno facendo sul territorio, arrivano dall’alto nei cancelli chiusi delle Soprintendenze e del Santuario Pontificio, e i giovani di questa città per trovare lavoro devono andare via dalla propria città. Questo è inaccettabile. Lotteremo con tutte le forze per portare avanti questa battaglia di giustizia”. Una lotta di giustizia ingaggiata in primis dal movimento “Pompei città ribelle”, che ha sottolineato l’importanza dei giovani sul territorio: “Dobbiamo riappropriarci della nostra città – dichiara Giovanni Postiglione, esponente del movimento -. Non è possibile che soffriamo soprusi giornalieri e non facciamo niente. L’unica cosa che si fa è quella di lamentarsi. Se tutti ci diamo una mano, nel piccolo, cercando di fare rete, come stiamo cercando di fare con altri comuni limitrofi, come i ragazzi di Portici che oggi sono qui con noi, tutto può essere più fattibile. Per deframmentare il sistema bisogna cercare di essere sempre più uniti”.