“I Vini di Indovino” Il sommelier recensisce i colori della Valtellina

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Valtellina Superiore Sassella Riserva DOCG, Rocce Rosse, Ar.Pe.Pe., 2001

Ci troviamo in Valtellina, una meravigliosa valle incastonata fra le Alpi Retiche e le Orobie. Qui le “Rupi del Vino” (alias i terrazzamenti di roccia granitica sfaldata), sorrette da muretti a secco, corrono parallele all’arco alpino affacciandosi sull’Adda. È proprio qui che dal 1860, anno dell’unità d’Italia, la famiglia Pelizzatti profonde il suo impegno nell’allevamento e vinificazione del “Nebbiolo delle Alpi”. Una storia lunga oltre 150 anni che ha vissuto una sola battuta d’arresto, tra gli anni ’70 ed ’80. In seguito, nell’84, Arturo Pelizzatti Perego decise di rimettersi in gioco, rilevando nuovamente l’attività ceduta pochi anni prima, le medesime vigne e la cantina ipogea in località “Buon Consiglio”. Il fascino e l’unicità del terroir di quelle “Terrazze di Sondrio”, unitamente alle potenzialità ed all’ineguagliabile variabilità genetica della Chiavennasca (con varietà del Nebbiolo), costituirono un richiamo troppo forte. L’azienda riprese vita quindi sotto il nome di Ar.Pe.Pe (acronimo del nome di Arturo). L’obbiettivo dichiarato alla ripartenza era quello di tradurre nel calice la storia di questa vallata, in cui la terra è intrisa del sudore di uomini che continuano tutt’ora a coltivarla con le loro mani. I principi fondamentali su cui si basava la visione di Arturo si possono sintetizzare in 3 semplici parole: tradizione, innovazione e sostenibilità. Tali principi sono tutt’ora portati avanti dalla 5° generazione, da Emanuele, Guido ed Isabella. Il rispetto della tradizione che viene portata avanti attraverso la manualità di tutte le operazioni in vigna (talvolta si raggiungono anche 1500 ore di lavoro/ha di vigna), attraverso le lunghe attese per la giusta maturazione dei vini e l’imbottigliamento scandito ancora dalle fasi lunari, cui segue il giusto riposo in bottiglia. L’innovazione nell’allevamento della vigna (come la “potatura soffice” di Simonit&Sirch) e nell’utilizzo di elettro utensili ad alta efficienza energetica. La sostenibilità nella lotta integrata (limitando all’osso i trattamenti fitosanitari), nello sfruttamento dell’energia geotermica delle falde d’acqua (fonte pulita e rinnovabile), nella perfetta integrazione con l’ambiente delle zone adibite all’accoglienza e nell’impiego di pavimentazioni fotocatalitiche all’esterno delle stesse. Questo è ciò che accade da Ar.Pe.Pe, tra i 13 ha di vigne, inerbite ed impervie, e la cantina: contesti in cui sono gli stessi fratelli Pelizzatti Perego a curare l’aspetto agronomico ed enologico, nonchè il risultato finale prima della commercializzazione (ad esempio la pessima vendemmia 2008 non’è stata imbottigliata).  Quest’oggi recensirò il Sassella Rocce Rosse 2001. Una riserva frutto di quelle vigne aggrappate tra i 400 ed i 550 m di altitudine, il vino della rinascita (sotto una nuova luce) prodotto in proprio a partire dal 1984 e che deve il nome a Giovanna, la moglie di Arturo. Rese bassissime in vigna di 40 hl/ha, 30 gg di macerazione in cemento, poi 4 anni di botti da 50 hl, ed ancora in cemento prima dell’imbottigliamento: questo è stato il lungo percorso di maturazione di questa Riserva che nel 2013 è stata premiata come uno dei migliori 100 vini al mondo (Luca Gardini, Sommelier Campione del Mondo 2010). Nel calice il vino si presenta con una vivida e trasparente veste dalla tonalità granata e dall’orlo aranciato. Al naso, in progressione, sono emersi profumi di amarene sotto spirito, di liquirizia, di pepe, balsamici di incenso e menta, tostati di tabacco ed orzo, per concludere su una nota di caramello. In bocca è morbido e succoso al primo impatto, per poi mostrare il suo carattere con una fitta (seppur matura) trama tannica, godendo dello slancio una buona spalla acida ed impreziosito da una elegante e piacevole scia sapida e lunghi richiami di note fruttate e tostate. Ho avuto modo di apprezzare il Rocce Rosse 2001 in un ampio calice ad una temperatura che idealmente si avvicinava ai 16/17°C, godendo della sua escalation in un arco di circa 3 ore dall’apertura. bistecca_alla_fiorentinaA mio parere potrebbe essere il compagno ideale di qualche ardita preparazione a base di Capriolo. Non trovandomi in Valtellina, però, mi sono accontentato di una succulenta Costata alla Brace: si sa, dove c’è gusto non c’è mai perdenza…e con un vino del genere in tavola non si perde mai.                                            Rubrica a cura Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,
Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina.