“I Vini di Indovino”: Il sommelier recensisce il profumato bianco di uve “Coda di Volpe”

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Taburno Coda di Volpe DOC, Fattoria La Rivolta 1812, 2006 (Magnum)

Ci troviamo a Torrecuso, in provincia di Benevento, e più precisamente nella Contrada Rivolta. Un tempo feudo Longobardo ed in seguito scenario di una rivolta contro il Feudatario, questa piccola località ha conservato nel nome “La Rivolta” quell’episodio storico, venendo così riportata sulle Carte Geografiche e Militari.
La storia dell’Azienda è iniziata nei primi del ‘900 dal matrimonio di due eredi di famiglie contadine che, dall’unione dei poderi, diedero vita alla più grande realtà agricola dell’intero comprensorio. I cambi generazionali, le successioni e le divisioni dei beni, hanno incrociato poi il destino di Paolo Cotroneo nel 1997.
Farmacista di professione, all’epoca sommelier per passione (da circa 10 anni) ed enoturista, si è ritrovato così a gestire la quota paterna dell’azienda di famiglia. La passione per il vino aveva fatto maturare in lui un’idea ben precisa riguardo ad un’azienda vitivinicola ed alla viticoltura: un’idea che si sarebbe dovuta concretizzare nella sua tenuta! Innanzitutto l’azienda avrebbe dovuto completare l’intera filiera, fino all’imbottigliamento, e non limitarsi alla sola produzione di uve come era avvenuto fino ad allora. Da qui parte una vera e propria rivoluzione. Si inizia col restauro della vecchia masseria del 1812 (la data è incisa sul portale della stessa), la quale era stata edificata sulle rovine di un casolare di fine ‘700.
Durante i lavori si è scoperto che era stata utilizzata la pietra di Vitulano, tipica della zona, e che era stato adoperato nel corso degli anni del tufo per ripristinare i crolli di alcune mura. Dettagli che raccontano più di 200 anni di storia e che Paolo decise di riportare a vista come testimonianza degli stessi, unitamente a quello che un tempo sarebbe stato l’ingresso principale della bottaia, nascosto dalla “tompagnatura” esterna.
In contemporanea si è intervenuti nel vigneto, in cui la facevano da padrona un sistema di allevamento (tendone) e varietà molto produttive, ma non autoctone (trebbiano, montepulciano, sangiovese, malvasia).
Sono stati conservati 3 soli ettari di vecchie vigne (50 anni) di Aglianico, Piedirosso e Coda di Volpe, ripiantando esclusivamente vitigni tipici e con un sistema di allevamento a spalliera: puntando indubbiamente sulla qualità del prodotto finale. La superficie vitata è stata estesa a 29ha totali, lungo il declivio collinare su cui si trova la cantina stessa, con una quota altimetrica media che oscilla tra i 250 ed i 350 m s.l.m.
Da subito si è optato per un approccio “bio” nella conduzione del vigneto: una scelta coraggiosa, a maggior ragione, se si pensa che all’epoca non vi era alcun tipo di contributo a supporto. Addirittura si è andati oltre le norme della C.E. che regolamentano la vitivinicoltura biologica, aderendo volontariamente ai più restrittivi dettami del disciplinare dell’istituto svizzero DELINAT.
A tutto ciò va sommato, ancora una volta, l’approccio integralista di Paolo che dal primo istante ha fortemente voluto la trasparenza delle sue etichette.
Infatti, nonostante i disciplinari di produzione (DOC Sannio e DOCG Aglianico del Taburno) consentano saldi con altre varietà ammesse, i suoi vini sono espressione in purezza del vitigno, con l’unica eccezione del Sogno di Rivolta (una riserva da falanghina, fiano e greco).Pertanto Fattoria La Rivolta, il nome scelto per l’azienda e che ricorda il trascorso storico del posto (unitamente alla raffigurazione in etichetta di 2 cavalieri longobardi che si affrontano), è stata una delle prime 4 realtà a vinificare la Coda di Volpe in purezza.
Nel corso di questi anni Paolo è diventato un produttore affermato che, con orgoglio, può vantare numerosi riconoscimenti per la sua azienda ed i suoi vini: anche a livello internazionale. Una buona parte del merito va soprattutto alla professionalità con cui l’enologo Vincenzo Mercurio cura sia l’aspetto agronomico che enologico. Una partnership che, a detta dello stesso Paolo, non può che dare grandi risultati alla luce del confronto e del rispetto reciproco in tutte le decisioni che vengono prese.
Quest’oggi vi parlo proprio del vino ottenuto dalla varietà in cui sono stati pionieri, la Coda di Volpe. Non l’ultima annata in commercio, ma bensì una magnum del 2006: un cadeau di Paolo Cotroneo, stappato alla fine della visita in azienda, e per cui tutto il gruppo che era con me gli sarà sicuramente grato.
Le sorprese sono arrivate nel calice, a partire già dalla splendida e vivida veste tendente al dorato. Al naso ha regalato non poche emozioni: dapprima sono emersi profumi di albicocche candite, cui si sono avvicendati richiami di té alla pesca, di mandorle secche, di gesso e di pepe bianco, per poi concludere su ricordi di eucalipto e cosmesi. Il sorso si è rivelato teso e carezzevole al contempo, per nulla cedevole, sorretto ancora da una buona spalla acida e da una notevole sapidità.
La chiusura di bocca è un degno completamento, di discreta lunghezza, con richiami soprattutto pepati e di cipria. Ho avuto modo di apprezzare questo magnifico vino in un calice abbastanza voluminoso, ad una temperatura compresa tra i 12 ed i 14°C, e di poterne apprezzare l’evoluzione nel calice per un’oretta almeno.
Personalmente preferirei meditare su di un vino del genere, ma se dovessi sbilanciarmi ed azzardare ad ogni costo un abbinamento, lo farei volentieri con una Parmigiana di Zucchine purchè sia in bianco e con una leggera spruzzata di pan grattato in superficie.                                                  Rubrica a cura di Antonio Indovino, Sommelier dello Yacht Club di Marina di Stabia,Responsabile del GDS AIS Penisola Sorrentina.