Pompei: gli scavi fanno bene al mondo, ma questo turismo fa bene alla città?

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Oltre un milione e mezzo di turisti in 6 mesi. La Pompei dei record. La Pompei bella. Quella che piace al mondo. Quella che, dalle macerie antiche di fa largo e prende posizione facendo indietreggiare la Pompei (oggi) vissuta. La cultura, l’arte e la storia fanno sempre bene, all’anima e al corpo. Ma, oggi, queste cose fanno bene anche al territorio pompeiano? All’anima e al corpo si. Ma non di certo alle sue “tasche”. È un racconto oramai già raccontato troppe volte. Così tante che l’indignazione stessa, tra commercianti e cittadini (non tutti, sia chiaro), si è tramutata in tristezza e nostalgia. Quella dei tempi in cui il passaggio tra città antica e nuova era un percorso libero, breve e privo di vincoli. Il turismo a Pompei decolla, ma non il commercio. Saracinesche chiuse. Negozi vuoti. Pompei antica e Pompei nuova viaggiano in maniera inversamente proporzionale. Insomma, la realtà degli scavi archeologici di Pompei si discosta sempre più da quella del territorio cittadino. A raccontarlo sono i dati. Gli incassi annuali per le visite turistiche agli scavi archeologici parlano chiaro. Storia 1 – Presente 0, per dirla calcisticamente parlando se si giocasse il campionato dell’economia locale. Gli incassi della città, invece, crollano. Le casse comunali, infatti, sono in debito da diversi anni.

Un po’ di storia del sito
Il 6 agosto 1981 decreta la nascita della Soprintendenza archeologica di Pompei, all’indomani del terremoto del 1981, operando il distacco territoriale dei comuni vesuviani dal resto della provincia di Napoli e dal Museo Archeologico Nazionale, che per volontà dei Borbone era stato destinato ad accogliere, oltre alla collezione Farnese, le antichità provenienti dagli scavi di Pompei e Ercolano. L’ ottobre 1997 un decreto legge dota la Soprintendenza di autonomia scientifica, organizzativa, amministrativa e finanziaria e al soprintendente archeologo si affianca la figura di un dirigente amministrativo. Il 26 novembre 2007 istituisce la Soprintendenza Speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, dotata, come i nuovi Poli Museali, di autonomia di bilancio. La competenza territoriale abbraccia l’intera provincia di Napoli e include oltre a Pompei, ad Ercolano e ai siti vesuviani, l’area flegrea (con i siti di Cuma, Pozzuoli, Baia), la città di Napoli con il Museo Archeologico Nazionale, la costiera sorrentina, Ischia e Capri. Pochi mesi dopo l’istituzione della Soprintendenza Speciale, con il decreto del 4 luglio 2008, viene dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla situazione di grave pericolo in atto nell’area archeologica di Pompei e nominato un Commissario Straordinario, che termina la sua attività il 31 luglio 2010, data oltre la quale la Soprintendenza Speciale è rientrata in un regime di gestione ordinaria. Dal gennaio 2014 la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei si scinde in due istituzioni, l’una con competenza su Napoli, area flegrea e Caserta e l’altra con competenza sui siti vesuviani (Pompei, Ercolano e Stabia, Oplontis e Boscoreale) e diventa Soprintendenza Speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia. Dal 2015 la denominazione è Soprintentenza Speciale per Pompei, Ercolano e Stabia. Dal 3016 la nuova denominazione è Soprintentenza Pompei. Il decreto del 12 gennaio 2017, infine, attribuisce alla Soprintendeza la nuova denominazione di Parco Archeologico di Pompei.

I dati
È la Pompei dei 41 milioni e 207 mila turisti quella che incanta il mondo intero. Sono questi i numeri delle visite complessive al sito archeologico a partire dal 2000. Gli ultimi 16 anni degli scavi archeologici, insomma, sono stati una continua crescita in termini di visite. Che la città antica piaccia e sia sempre piaciuta al mondo intero è oramai cosa risaputa. Lo raccontano ancor meglio i dati pubblicati – mese dopo mese e anno dopo anno – sul sito ufficiale della Soprintendenza Archeologica. Passare da 2 milioni e 165 mila a 3 milioni e 200 mila visite al sito archeologico in 16 anni è una vetrina di orgoglio per Pompei. Un record assoluto che si è reso evidente soprattutto a partire dal 2014 con oltre 2 milioni e 400 mila turisti, arrivando ai quasi 3 milioni nel 2016 e concludendo con oltre 3 milioni e 200 mila nel 2017.

La città
Per raccontare gli ultimi 16 anni di storia del territorio cittadino, invece, non è così semplice. Storie di declino, di abbandono, di sconfitte che si sono alternate (raramente) alle vittorie. I continui disagi della città non sono nemmeno più un’emergenza, ma sono diventati storie di tutti i giorni. Problemi a cielo aperto, commercio in difficoltà, disoccupazione, giovani demoralizzati, delusi e pronti a scappare via. Tutte cose che non sono necessarie da cercare con droni o con l’esercito. Sono sotto gli occhi di tutti. Basta passare e osservare. Al massimo il rischio è l’abitudine. Non guardare più. Non avere più le forze nemmeno di ribellarsi. In via Lepanto e via Roma (le due arterie centrali che conducono proprio agli scavi archeologici) le saracinesche abbassate sono tante, e aumentano. Città vuota a partire dalle 21. Zero attrazioni. Marciapiedi che, riempiti di silenzio, con l’avanzare del buio sembrano diventare più grandi per, poi, rimpicciolirsi solo al mattino seguente grazie ad agitazioni e caos. Turisti che scappano dal centro. Li vedi, molti di loro, (anche se sempre di meno) camminare a passo svelto, quasi come spinti dal timore e dalla voglia irrefrenabile di raggiungere le antiche rovine per sentirsi più al sicuro.

“A Pompei due passi separano la vita antica dalla vita moderna”, disse Gautier. Forse, oggi, è proprio questo il punto: quei due passi si sono allungati. Magari anche troppo. Gli scavi archeologici fanno bene al mondo, ma questo turismo fa bene alla città e ai suoi cittadini?