
Tutto il litorale della Campania, a cominciare dal golfo di Pozzuoli e quello di Policastro, è rinomato per la qualità delle alici che si pescano al largo delle sue coste. Una tradizione marinara che risale agli antichi greci e che continua, a distanza di migliaia di anni, a fare ricca e gustosa la cucina regionale. Addirittura, il salutare pesce azzurro, ha legato a doppio filo il suo nome a ben tre cittadine dislocate lungo le rive campane. Precisamente una cittadina e due borghi marinari: Pozzuoli, Cetara e Pisciotta. Pozzuoli era una importante città già ai tempi della Roma imperiale che aveva ancorato la potente flotta nelle sue acque ed ha sempre avuto una grande tradizione marinara ed un considerevole mercato del pesce dove vengono venduti soprattutto prodotti locali come i polpi, i crostacei, i frutti di mare e alici che vengono pescate dalle paranze del posto. Qui le alici, più di ogni altro pesce, caratterizzano l’attività marinara e per secoli hanno caratterizzato la stessa dieta dei puteolani. Cetara, invece ha saputo legare il suo nome, oltre che a quello delle alici, alla sua colatura, tratta dalla lavorazione della sua salatura e usata per insaporire e arricchire tanti piatti. Essa è figlia del garum che usavano per lo stesso scopo gli antichi romani. Infine più a sud di tutte, nel Cilento, c’è Pisciotta dove da secoli si pratica una particolare pesca di alici, dette “alici di menaica” per il tipo di rete che si usa per pescarle. La menaica è una rete, già utilizzata dagli antichi greci, che grazie alle caratteristiche maglie larghe permette di tirare su solo le alici più grandi, che perdendo più velocemente il sangue diventano bianche e delicate. Tutte e tre le realtà hanno una lunga tradizione di lavorazione delle alici per la loro conservazione sotto sale che le trasforma in un particolare prodotto diventato ingrediente degli infiniti piatti della cucina regionale. Perché il prelibato e pregiato, nonché salutare, pesce azzurro si presta a tante preparazioni che dal crudo fino alle conserve sono entrate a pieno titolo nella nostra tradizione gastronomica. Crude sono conosciute soprattutto marinate. Mentre sotto sale, da dove si riutilizza la loro colatura, o come crema, la cosiddetta pasta d’acciughe, già valgono un patrimonio di idee per il loro molteplice utilizzo in cucina. Poi c’è la versione fresca che in Campania viene utilizzata per zuppe che possono essere al pomodoro o bianche con la menta che prendono il nome di “tortiera”. Sono anche protagoniste di tanti primi piatti con la pasta o di secondi come la parmigiana di alici per non parlare dei mille tortini che la cucina gourmet gli ha riservato. Ma nella cucina popolare finisce per lo più fritta. Anche se in vari e fantasiosi modi. Semplicemente fritta per intera con sale e pepe, oppure spinata e passata nell’uovo e farina nella sua versione “dorata e fritta” o ancora imbottita di ricotta o provola.