L’idea dell’enologo Giugliano per rendere più fertili i terreni del Vesuvio dei vigneti di cantina Maranto

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Austero e severo, lo sterminator Vesevo impera su Napoli con imponenza. Il Vesuvio affascina, ma incute anche paura. In realtà, la stessa lava – che ha seppellito Pompei – ha fatto la fortuna del territorio vesuviano, che impera su uno dei terreni più fertili al mondo. Le eruzioni avvenute nel corso dei secoli hanno, infatti, dato vita a un substrato generoso di minerali prezioso per l’agricoltura. Non a caso, lungo le pendici del vulcano campano, si trovano eccellenze uniche, come il pomodoro del piennolo, l’albicocca e, soprattutto, vigneti di vitigni ancestrali, che caratterizzano un territorio tanto impervio quanto materno. L’unica pecca? La mancanza di sostanza organica. Carenza, cui il giovane enologo partenopeo, Antonio Giugliano, deus ex machina insieme a Marika Vallefuoco di Cantina Maranto, hanno cercato di porre rimedio ricorrendo per la loro cantina a una strategia naturale: l’utilizzo di lombrichi che ad ogni latitudine creano un prezioso humus, ricco di sostanze organiche e acidi umici,in grado di favorire l’incremento strutturale del suolo e l’assimilazione di macroelementi essenziali, come l’azoto. Per riuscire nell’intento, Giugliano ha da poco avviato l’allevamento domestico di una lombricaia. D’altronde l’humus, concime organico particolarmente usato in agricoltura biologica, è ricco di enzimi ed auxine: sostanze provenienti dall’intestino dei lombrichi, che stimolano la crescita naturale delle piante. Una bella intuizione, quella dei due giovani imprenditori: utilizzare tecnologie moderne, seppur disposti ad osservare retaggi antichi, nel rispetto della tradizione, della natura e della sostenibilità. Giovani fortemente legati al territorio, sempre più “imprenditori e multitasking”, che hanno scelto la campagna proponendo una nuova visione della figura dell’agricoltore. Terreni sabbiosi, con ceneri molto fini e particolarmente permeabili, rappresentano le condizioni ideali per ottenere uve di qualità e le peculiarità del suolo influenzano inevitabilmente il carattere del vino, dando vita ai cosiddetti: volcanic wine, ricchi di fosforo, magnesio e potassio, elementi che donano ai vini complessità, sapidità, mineralità ed acidità. Inoltre, le escursioni termiche di questi terreni ne favoriscono anche le componenti aromatiche. Dunque, i volcanic wine risultano freschi e di ottima beva, dal gusto ricco ed equilibrato. In più, le caratteristiche sabbiose del suolo, dovute a ceneri e lapilli, facilitano la penetrazione delle radici delle piante in profondità, rendendo impossibile la sopravvivenza di parassiti dannosi, come la fillossera. Un substrato ideale per accogliere vita ma che, come dicevamo, ha un limite. I terreni del Vesuvio, infatti, all’insegna soprattutto di cenere e lapilli, hanno una natura sabbiosa, che regala al vino caratteristiche organolettiche e sensazioni uniche, come profumo e mineralità, ma sono poveri di sostanza organica ed estremamente permeabili all’acqua. Caratteristica, quest’ultima, che determina l’assenza di un macroelemento essenziale come l’azoto, di facile lisciviazione, specialmente nei suoli sabbiosi. Un “ostacolo”, che Antonio Giugliano ha bypassato, grazie alla lombricaia: si deve anche a questa innovativa intuizione la nascita del primo vino di Cantina Maranto: il Piedirosso “Millennial”, il rosso dedicato alla cosiddetta “generazione Y”.