La tradizione campana per la festa di Sant’Antonio Abate: dai falò ai piatti con la carne di maiale

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Un tempo quando il ritmo delle stagioni scandiva anche quello della cucina, in questo periodo era giunto il tempo della carne di maiale. Quello per cui si era dovuto aspettare circa un anno, crescendolo con cura, prima di macellarlo. Prima che diventasse la più importante riserva alimentare dell’inverno. Oggi, tutto si trova e si vende in ogni giorno dell’anno. Anche se quasi più niente ha il sapore che dovrebbe avere. E’ il rovescio della medaglia di un benessere diffuso che garantisce tutto e subito. Niente più attese, neanche quelle legate a precise ricorrenze. Così, pian piano si è persa la magia della preparazione di feste ed eventi attesi per mesi. Nel mondo rurale, in questi giorni, si festeggiavano due importanti avvenimenti strettamente legati fra di loro. La macellazione del maiale ed i festeggiamenti di Sant’Antonio Abate considerato il protettore degli animali ed in particolare del maiale. Per la verità la storia non è stata sempre così. Anche la religione cattolica, come quella islamica ed ebraica, ha avuto qualche avversione contro il maiale considerato una creatura immonda. Problema, però, ampiamente superato. Sia per la popolarità di cui ha sempre goduto sin dai tempi degli antichi romani e sia perché i popoli occidentali avevano intuito che il suino era un incomparabile riserva di sapori. Infatti, per i popoli dei paesi europei più freddi, il maiale costituiva una vera e propria riserva alimentare vivente. L’unico sogno proibito dei più poveri e l’unica certezza alimentare per chi era riuscito a conservarne qualche pezzo per il periodo più rigido e buio dell’anno. La fortuna di avere a disposizione un pezzo di lardo o di pancetta significava avere la possibilità di sopravvivere al freddo ed alla fame. Ma anche avere la gioia di arricchire i sapori delle minestre e zuppe contadine con un ingrediente che aiutava a rendere la vita più gustosa. Oggi, nella nostra regione ancora si sentono i riflessi della tradizione che vuole proprio in questi giorni il trionfo, a tavola, del maiale e dei suoi mille modi di prepararlo. In Campania è il tempo del ragù preparato con cotiche e tracchie e che con il suo “pippiare” profuma case, trattorie e ristoranti. E’ il tempo della minestra maritata con piede e guanciale di maiale. E’ il tempo della salsiccia e friarielli, fegatini fritti o costolette con papaccelle. Ma è anche il tempo, con l’arrivo del freddo asciutto, in cui iniziano le fasi di salatura e conservazione dei salami, pancette, capicolli, lardo e prosciutti, sia nelle case contadine che nelle aziende artigianali, non prima di essersi assicurati, come vuole la tradizione, che la luna sia calante, anzi meglio se a luna sottilissima. Anche la ricorrenza di Sant’Antonio Abate è ancora sentita e nelle zone interne, caratterizzate da ricordi legati alla cultura contadina, il 17 gennaio si accendono i tradizionali falò in suo onore.